sabato 28 giugno 2014

Trenitalia e il suo disagio


Ore 23.00, Stazione Cadorna, a Milano.

Il binario del treno, IntercityNotte, appare dieci minuti prima della partenza. Una mandria di persone probabilmente molto povere, data la sventurata scelta del treno, si aggira confusamente per la stazione, alla ricerca dei binari dal 14 in poi, apparentemente non pervenuti

Il primo fortunato diventa pastore del gregge, quando trova, forse per puro caso, una piccola indicazione ad segnalare la via. Da lì, il treno viene raggiunto in breve tempo, preceduto solo dalla sosta di pochi ingenui alle macchinette. Il viaggio durerà otto ore, forse di più, ed urge la presenza di cibo masticabile per lenire i morsi della fame che certamente arriveranno. 
Tra gli sfortunati, quella senza contanti inserisce la sua banconota da dieci euro nella macchinetta, la quale suggerisce piuttosto esplicitamente di non usare il bancomat per rifornirsi di nutrimento, che tanto dà il resto. 
La futura passeggera inserisce il codice del cibo scelto. Nulla accade.
Non ci sono pulsanti per farsi restituire i soldi.
Il treno sta partendo. 

Corsa verso il binario.
Il suo biglietto, pagato oltre 30€, adesso le è costato dieci euro in più. 

Sale sul treno, alla ricerca del proprio posto. Un'amica scopre il comfort delle cuccette, quelle dove ti forniscono l'acqua Fabia in piccoli contenitori larghi e bassi, formato ciotola di cane. Lei no.
Il suo posto è in una cabina classica, sei posti, porte chiuse, odore poco confortante a cui lei stessa, suo malgrado, contribuisce. Niente lamentele.
La luce è spenta, il treno parte, la cabina è già piena all'inizio del viaggio. Non appena l'Intercity prende velocità, il micro-finestrino in alto, l'unico apribile, si spalanca per qualche ironia della fisica che non approfondiremo. Lo chiude. Si riapre. Lo chiude. Sta per dormire. Si riapre. Lo richiude. 





Le ginocchia della sfortunata, quando seduta in posizione scomodamente eretta - quella che qualche sadico deve aver presunto che avrebbe potuto tenere per otto ore di viaggio - le sue ginocchia, insomma, si toccano con quelle dell'uomo di fronte a lei. Le piega a destra, manda avanti il sedere, ed il poggiatesta si scopre troppo alto. 
Deve scegliere tra il poggiare la testa e restare seduta impalata come le migliori zitelle o accasciarsi quel poco possibile, e rinunciare per sempre alle vertebre cervicali. 
Apre il piccolo tavolino 20x20cm, vi si appoggia. Uno scricchiolio. Meglio non rischiare. Il ginocchio poggia sotto il tavolino, per sorreggerlo, e scopre i residui di colle alimentari appiccicose di ignota provenienza. Foglio sotto il tavolino, ginocchio sul foglio. Sono passate due ore.
Alla terza ora, la borsa è sul tavolino, la testa è sulla borsa, il tavolino sul foglio, il ginocchio sotto il foglio, l'altro ginocchio allungato innaturalmente a sinistra, come il pezzo lungo del Tetris, tra le gambe di altri 5 sconosciuti nelle medesime condizioni. Si addormenta per sfinimento.
Altre due ore. Si sveglia. Il finestrino si è riaperto. Fa freddo, mette il cappuccio, la felpa sulle spalle, il golfino sulle ginocchia. La schiena duole e l'unico modo per dormire decentemente sarebbe sdraiarsi sul vicino di sedile, sicuramente non proprio disponibile allo scambio. Rinuncia. 
Dov'è Giovanni Muciaccia?



Immaginate la comodità di questo accrocco.

Mette la borsa sulla cima del sedile, tra questo e l'improbabile poggiatesta, vi si corica esausta, piegando le ginocchia in posizione fetale. Si sporcheranno i sedili, ma lì sono come bestie, e le bestie sporcano. Nessun senso di colpa verso le Ferrovie dello Stato.
Altre due ore di sonno. Non è ancora finita

Le ultime due ore di viaggio prima dell'arrivo a Roma trascorrono in uno stato di coma o svenimento, difficile distinguerli in queste condizioni, e l'unico motivo per cui riesce a non scendere a Salerno è che l'amica la sveglia in tempo. Arrivata.
Scende dal treno, le vertebre che nemmeno la torre di Pisa, il portafoglio vuoto, il sonno ai massimi storici, le ginocchia appiccicaticce ed il torcicollo incombente. 



Carro bestiame.
Immagine tratta da http://www.informarexresistere.fr/2011/07/15/freccia-rossa-%E2%80%98na-sega/

E' domenica, se lo ricorda solo ora. La domenica sulla Tiburtina passa un bus ogni 4 ore.
L'aspetta un chilometro a piedi, con il trolley e lo slalom tra topi, buchi, blatte e strani insetti marroni e molto grossi che cominciano a popolare i marciapiedi da qualche tempo.
Tuttavia il cielo è limpido, l'odore di merluzzo dei cassonetti sopportabile.
E' sola, lungo la strada, ci sono ancora dei tratti d'ombra, sopravviverà.


"Bentornata a casa"

lunedì 23 giugno 2014

Cesso pubblico: fai la tua scelta

Godendo dell'anonimato che questo blog mi fornisce, intendo raccontare uno di quegli scabrosi aneddoti che normalmente si raccontano da ubriachi alle feste e che, il giorno dopo, convincono a diventare astemi per il resto della propria ormai poco dignitosa esistenza.

Riprendendo quanto detto qualche tempo fa in un post ( clicca qui ) riguardo Milano, Trenitalia e soprattutto la carta igienica, vorrei innanzitutto spezzare una lancia per i nuovi treni Italo: anche nei loro bagni, in Seconda Classe, c'è la cosiddetta "cartadaculo", e questo è bene. Anzi, vorrei sottolineare che a Milano, in questi tre giorni, la carta è stata forse l'unica cosa onnipresente nei bagni, persino in quelli più scrausi in cui il sapone non funzionava, il rubinetto faceva scendere piccole pisciatine di acqua marrone chiaro, il cesso prevedeva l'assenza standard dello scarico e via dicendo, il sedere te lo potevi pulire senza dover usare le mani - con una sola eccezione che racconterò a breve. Grandissime soddisfazioni. Grazie Milano!





Quando si è fuori casa, uno dei problemi maggiori - specie per chi, come me, ha la vescica anoressica e l'intestino a breve termine - è quello di reperire un bagno prima che sia troppo tardi. Ogni birra, per quanto desiderata, se si è lontani da casa deve essere soppesata considerando quanti accessi al bagno saranno disponibili nel corso della serata. Manco a dirlo, il problema peggiora notevolmente quando ci si trova all'estero, cosa che implica frequenti visite all'onnipotente dio Mc Donald's, ovvero l'anticristo della salute e la salvezza dei portatori di cellulari scarichi ed internet dipendenti.

Tra gli strumenti più quotati per i frequentatori abituali di cessi pubblici, ma che ciascuno di noi dovrebbe portare con sè, per evitare che l'ingenuità rovini la propria vita per sempre, troviamo:



1 - Fazzolettini di carta

Preferibilmente un pacchetto intero. Non sappiamo quanti ne avremo bisogno, e generalmente c'è sempre qualcuno che li ha dimenticati a casa ed a cui non li si potranno negare. L'utilizzo che se ne fa è intuitivo, ma è forse utile ricordare di preparare il pacchetto o il fazzoletto singolo PRIMA di dover poggiare a terra il cappotto. Il cappotto che avete portato con voi prima di scoprire la mancanza dell'appendiabiti e la borsa in cui cercarli, s'intende: la quantità di liquidi vari che potreste spargere durante l'operazione di ricerca potrebbe essere pari alla quantità di liquidi sul pavimento del classico cesso pubblico. Quello su cui NON vorreste poggiare i suddetti oggetti nemmeno nei vostri peggiori incubi da mal di pancia.





2 - Amico che tenga il cappotto

Come accennato qualche riga più su, non è insolito che il pavimento dei cessi pubblici sia l'equivalente in scala del Mar Giallo. L'equivalente un po' letterale mdi un architetto in erba molto sadico, a dirla tutta. Impossibile, poi, aspettarsi che ci sia l'appendiabiti, a meno di non essere particolarmente in credito con il karma. La presenza dell'amico d'emergenza assicura, inoltre, che la porta resti chiusa per il tempo necessario ad evitare che tutto il mondo scopra della tua mancata visita all'estetista: a nessuno interessano i baobab che hai su gambe ed inguine, ma certamente in assenza della chiusura a chiave, a qualcuno verrà la splendida idea di aprire proprio mentre hai l'Amazzonia al vento.



Supporto visivo per immaginare la foresta di baobab


3 - Deodorante per ambienti / profumo

Non fondamentale ma particolarmente utile, il deodorante per ambienti permette di uscire dal bagno con il sorriso anche quando la prossima persona che dovrà entrarci è il tuo migliore amico: l'idea che possa sopravvivere ai tuoi residui di gas asfissiante è sempre di conforto. Al contrario, altrimenti, potrebbe essere una gran brutta morte.


4 - Sapone

A prescindere da quanti germi possano esserci nei residui che avete scaricato nel water del bagno pubblico in questione ed a prescindere dalle vostre abitudini casalinghe - inutile mentire, nessuno di noi lava le mani ogni volta che va a fare pipì, eddai - ricordate: la maniglia del bagno pubblico potrebbe essere stata toccata da appestati e portatori di strane epatiti alfabetiche..o, al di là di tutto, di sicuro da mani sporche di pipì ed escrementi altrui. Il sapone vi eviterà il problema di generare un nuovo focolaio di colera.


5 - Assorbenti

..se siete donne, s'intende. Perchè il ciclo non sarà mai il vostro migliore amico, e vi tradirà proprio quando crederete di averlo previsto. Nel dubbio, mettetene uno in ogni borsa, perchè approfonditi studi scientifici affermano che il frequente cambio di quest'ultima sia la prima causa d'emulazione di Fiumi di Porpora da parte delle donne sopra i 16 anni - perchè se avete più di due borse prima dei 16 anni allora siete nate dopo il 2000 e mi rifiuto di credere che stiate davvero leggendo questo blog. Dai.





Ovviamente quello che sto per raccontarvi è una storia realmente accaduta che prevede la mancanza di tutte le suddette cose. L'esempio perfetto per persuadervi all'uso di quanto elencato.


L'Aneddoto.

Dopo due soste al Mc Donald's di Piazza Duomo, il peggior Giuda che si possa immaginare in questa storia, non è strano che lo stimolo intestinale diventi più che uno stimolo. Le viscere mi si contraggono dolorosamente e mi costringono ad infilarmi, da seduta, un piede tra le chiappe, per evitare strane fuoriuscite sgradevoli. Le persone che ho intorno, ignare, continuano a chiacchierare ignorando la calamità in arrivo. Convinta di poter resistere alla forza che la natura mi ha scatenato contro, non solo resisto bensì la sfido inalando il fumo d'una sigaretta della mia amica lì presente. Non c'è bisogno del colpo di grazia - generalmente consistente nel caffè: quella singola aspirazione mi vince, costringendomi a correre verso un bar.
Entro nel locale con la birra in mano, ancora intera, comprata da una manciata di minuti da Esse proprio lì, per me, e guardo verso il barista con l'aria d'una rifugiata, sperando che la birra basti come dimostrazione di fedeltà "potrei usare il bagno? La mia amica ha comprato per me questa birra, poco fa..". Affatto convinto dal mugolio, che di certo gli pare una scusa mal congegnata, il barista sembra comunque farsi persuadere dal tono semi-disperato che la mia voce sicuramente trasmette.
Mentre attendo che un bipede termini il suo turno, l'ansia provocatami dall'urgenza mi fa sorgere un pensiero: apro velocemente la borsa e comincio a cercare i fazzoletti. Niente. Eppure ce li avevo, ne avevo visti due, prima. Uno potrei averlo usato, ma l'altro? Cerco ancora. Niente. Forse è sotto l'ombrello? Nada. Nella taschina piccola? Nisba. Deglutisco, il bipede esce ed io corro in bagno, assalendo trafelata la toilette. Ho le dita incrociate, attaccata mentalmente alla speranza di trovare la carta igienica, quella che per tre giorni ho trovato in ogni bagno di Milano in cui sono stata. Ecco, lo sguardo saetta subito in direzione della stessa ma..ancora niente. Non c'è traccia. Il disagio è forte, ma confido ancora nel fazzoletto che sono sicura di aver visto poco prima. Mi tiro giù i pantaloni, le mutande, e do sfogo alle querele dell'intestino con immenso sollievo, pur continuando a cercare imperterrita.

[Breve nota: posso giurarvi che, a meno di non essere costretta, io, come molti di voi, non sono il tipo che si mette a fare ste robe in bagni random. Generalmente le faccio solo nel mio. Di solito divento stitica per tutta la durata dei viaggi, roba di dieci giorni persino, per cui potete immaginare quanto possa essere stato disagiante quanto accadutomi, a prescindere]

Quanto risulta dalla mia sosta nel bagno del bar in questione si può immaginare con un minimo di fantasia, ma bisogna sottolineare - per quanto abbia la pelle d'oca al solo ricordarlo - che è molto peggio di quanto temevo: ovviamente è andato tutto ovunque, tranne che nel buco preciso del water, motivo per cui anche il bagno necessiterebbe una pulita. Eppure il mio primo problema sono ancora i fazzoletti. Con la borsa in bilico intorno al collo non riesco a cercare bene, decido per cui di poggiarla a terra, nello schifo che potete immaginare ci si trovi, per tirare fuori qualsiasi cosa vi sia dentro..così scopro che la speranza è l'ultima a morire, ma prima o poi muore. Niente fazzoletti. Nè puliti nè sporchi. Niente tovaglioli. Niente di niente.
Apro l'armadietto presente nel bagno, sempre più in crisi, ma nulla. Ragazzi, ve lo dico chiaro e tondo: in una situazione così, il culo come ve lo pulireste?



Per rendere il tutto più interessante, dopo qualche minuto sento la porta dell'anticamera del bagno che si apre e la scortesissima voce del barista mi chiede subito dopo "ci sei ancora? Qui c'è la fila, sbrigati". Mi si gela il sangue nelle vene. A prescindere dal fatto che ci ho messo davvero molto meno di quanto avrei potuto, quest'uomo, con la sua scimmiesca delicatezza, ha segnato definitivamente la mia tragedia quotidiana umiliando quel poco di dignità che credevo mi fosse rimasta.
D'accordo, a questo punto, data pure la fretta, non restano che due vie: la mano o i vecchi scontrini della spesa. La voce dell'Enigmista risuona nella mia testa: fai la tua scelta. 





Io scelgo gli scontrini e prego dio che nessuno sappia mai di tutto questo - salvo poi raccontarlo su un blog pubblico per pura autoironia o purissimo masochismo. Esco dal bagno dopo aver tirato l'acqua ed aver osservato lo scarico portare nelle fogne chili di patatine fritte, panini e dignità. Inutile specificare l'assenza di sapone per lavare le mani..una tragedia dover restare per metà pomeriggio con l'odore di scontrini sporchi di merda sulle dita, ma almeno l'acqua esce decentemente dal lavandino. Vediamola così.

Mentre fuggo dal locale - nel quale, a proposito, non c'era nessuna fila per il bagno, brutto stronzo di un barista maleducato - sono ancora sui miei piedi, viva, e mi sento meglio. Lo stesso non potrà dire quello che è andato in bagno dopo di me.





Il giorno successivo, mentre già elaboravo questo articolo pregustandomi il colorito racconto a cui avete assistito, finalmente sono potuta andare nel MIO bagno, con le MIE cose, con la MIA pulizia, il MIO pavimento, il MIO sapone. Il primo pensiero è stato quello di twittare quanto fosse grande il sollievo di poter fare pipì sapendo che ci sarà la carta igienica. Poi mi sono girata, piena di tutto quel gratuito compiacimento, ed ho guardato il rotolo: era finito.

domenica 22 giugno 2014

Pearl Jam a Milano, 2014


Immaginate un evento che avete atteso per anni. Un evento lontanissimo, qualcosa che non si sarebbe potuto verificare se non nella vostra immaginazione. Anni ed anni ad immaginare qualcosa senza l'intensità che avrebbe richiesto, e solo per non alimentare un'illusione non praticabile. Poi il tour dei Pearl Jam. A Milano. San Siro. Il mondo.




Lo stadio è pieno. Poco prima del concerto c'è stata la partita, Italia- Costa Rica, ai Mondiali. Una di quelle cose che sarebbe stato molto figo seguire, se solo mi fossi mai interessata di calcio. Se solo non avessi avuto voglia di farla finire il prima possibile per godermi quanto l'avrebbe seguita.

Poi d'improvviso comincia. La prima canzone è Release, non tra le mie preferite ma forse la migliore apertura che si potesse fare. Ho gli occhi già pieni di lacrime, mi tremano le mani, sono lì. Eddie Vedder canta e intorno non c'è altro se non la sua voce, lui, ovunque, nelle persone, nell'aria, nei respiri a tempo di musica, nei silenzi, nei pensieri di tutti, in ogni cosa. E' la prima volta che canto con lui. E' la prima volta che io ed altre sessantamila persone intoniamo le stesse note. Lo stadio ed il tempo si dilatano, poi mi abbracciano. Le tre ore sono durate pochissimo, eppure sono state intense da morire.




Avrei voluto chiamare chiunque, nella mia rubrica, per far partecipare altri a tanta bellezza. Avrei voluto abbracciare i miei vicini di sedia. Dico vicini, eppure eravamo lontanissimi, perchè se da un lato ognuno di noi era unito dalla stessa emozione, dall'altro quel momento era tutto mio. Eddie ha cantato per me. Per il mio vicino di sedia. Per la donna incinta, per il padre di famiglia, per ciascuno dei suoi figli. Eravamo lì, ed Eddie cantava per ognuno di noi. Credo sia stata la cosa più bella che si potesse provare: essere di fronte a qualcuno che ama quello che fa e che ti fa percepire quell'amore, te lo fa vivere, ti trasmette la passione in ogni canzone e fino all'ultimo, fino all'ultimo, tiene duro, tenendo sulle proprie mani le aspettative di sessantamila persone senza mai deluderle.

E' arrivata la mia canzone preferita. Ha cantato Jeremy, ci siamo uniti alla rabbia di quei versi e di quella musica. Eravamo tutti in piedi, le parole stridevano tra i denti e poi graffiavano l'aria, finchè alle sue grida si sono accompagnate le nostre. C'è un modo di descrivere la sensazione che si prova nel cantare la propria canzone preferita, tra le migliaia che si conoscono, insieme alla voce che l'ha accompagnata da sempre, insieme a così tante persone che attendevano di udirla?

Grazie Eddie.

(ometto ironie e quant'altro per trasmettervi l'emozione pura e semplice che ho provato. Però ammettiamolo, quando ha cantato Let it go abbiamo riso un po' tutti quanti, eh <3 )

venerdì 13 giugno 2014

Mancando unicorni, apprezziamo i cavalli


IL FATTO: La protezione civile ha distribuito gratuitamente delle bottiglie d'acqua Vitasnella il giorno del Gay Pride a Roma (2014). L'etichetta di queste bottiglie riportava i colori arcobaleno, il nome della suddetta marca e parole di sostegno per il 20° anno di Pride.

Fatte queste premesse, ci sono state persone - e non poche - che si sono lamentate di come la questione LGBT sia stata strumentalizzata per fare marketing, ovvero per come la Vitasnella abbia sfruttato il Gay Pride per farsi pubblicità, e dunque per fare soldi. A questi idealisti convinti che i bei gesti siano da apprezzare solo se totalmente e completamente disinteressati, voglio dire una cosa: gli unicorni non esisteranno mai e poi mai, cominciate ad apprezzare i cavalli.




Prima di tutto, è ovvio e NORMALE che un'azienda, qualunque essa sia, abbia come primo obbiettivo fare soldi, altrimenti essa non avrebbe ragione di esistere e non staremmo parlando di azienda, appunto. Questo non significa che azienda= IL MALE come tutti sembrano pensare oggi - a parte il fatto che non vedo cosa ci sia di male nel fare soldi, dato che noi tutti gradiremmo averne di più, se ne avessimo la possibilità, e che con il desiderio di farne non è detto che convivano necessariamente cupidigia, egoismo e quant'altro. Per favore, staccatevi dalla tv e venite a vedere di cos'è fatto il mondo reale: senza le aziende, i vostri genitori e i vostri amici sarebbero poveri, disoccupati e sotto i ponti a dormire con i cani. 
Comunque un'azienda è qualcosa che raccoglie persone in carne ed ossa. E' fondata, gestita, creata e tenuta in piedi da persone, oltre che da esse rappresentata, e costoro non sono necessariamente esseri spregevoli, piccoli Gollum a cui attribuire la fonte di tutti i mali del mondo..anzi! Costoro sono individui che, come me e come voi, hanno ideali, desideri, un'etica ed una morale personale che non sempre seguono l'interesse meramente capitalistico.

Perchè sottolineo questi concetti - affatto scontati? Perchè noto che si banalizza un po' tutto ed il qualunquismo dilaga. Insieme al meteo, l'altro argomento comune nelle conversazioni tra sconosciuti o semisconosciuti è quanto l'Italia faccia schifo, quanto tutto sia brutto, quanto le cose vadano male e via dicendo. Nessuno che usi un minimo di pragmatismo, a volte necessario. Comodo essere cinici, comodo lamentarsi sempre, comodo fare di tutta l'erba un fascio. Nessuno dice che le cose non vadano male, ma vedere "il male" in tutto ciò che in realtà è fondamento della società moderna, nel 2014 è ridicolo. L'anarchia è autodistruttiva.

Voglio sottolineare quindi che, per quanto possibile, NON E' scontato che un'azienda non creda nelle cause che sostiene, sebbene sia ovvio che nel sostenerle debba tenere conto della propria immagine e che possa trarre dei benefici dalle proprie azioni. Voi NON potete dire che la Vitasnella o chi per lei abbia distribuito acqua gratis al Gay Pride di Roma SOLO per fare soldi. Potete dire che quello fosse uno dei suoi scopi, ma non potete dire - perchè non potete sapere - che non abbia scelto quel bacino di consumatori invece di un altro perchè sostiene sinceramente tale causa. Magari sì. Magari no. Ma i pregiudizi non vi aiuteranno sicuramente ad avere una visione della situazione il più obiettiva possibile.




Secondariamente, vorrei smembrare questo mito utopico secondo il quale qualcosa di positivo è davvero apprezzabile solo e unicamente se fatto nel totale disinteresse. Se così fosse, non si potrebbe apprezzare nulla, salvo forse i gesti di persone rarissime o di individui che non si conoscono ed i cui scopi ci sono ignoti - solo perchè non conoscendoli li si può immaginare come purissimi, quali perlopiù non sono.
Quando si fa qualcosa di negativo per una buona causa, il fine giustifica i mezzi? Non sempre. Allo stesso modo, non tutto quanto si fa di positivo, seppur per cause non necessariamente altruistiche merita sempre di essere disdegnato. Perchè non possiamo essere contenti del fatto che qualcuno stia, ad esempio, contribuendo a diffondere positivamente la causa LGBT? Perchè non possiamo godere, sotto il sole cocente, dell'acqua gratuita che Vitasnella ci ha fornito? Dopotutto, avrebbe potuto farlo chiunque, ma solo quell'azienda ha scelto di fornircela. Sicchè? Dov'è il problema? Noi abbiamo bevuto e ci siamo dissetati, non siamo morti di disidratazione ed abbiamo potuto continuare felicemente la nostra parata. Un punto per Grifondoro! La Vitasnella ci ha guadagnato dei consumatori in più o, comunque, della buona pubblicità, soldi. Quindi? Altro punto a Grifondoro, perchè non ha fatto male a nessuno! Ci abbiamo guadagnato tutti, e oltretutto, gente, NESSUNO ci ha costretti a comprare questa benedetta acqua. Non è stato un ricatto, una minaccia, uno sfruttamento, una presa in giro come ho sentito dire. Abbiamo il libero arbitrio e siamo ancora liberissimi di scegliere di prendere l'acqua gratuita senza mai, MAI comprare in giro la medesima marca.

Smettetela di fare gli idealisti o i cinici all'eccesso. Nel mondo reale tutti hanno uno scopo, tutti cercano di ottenere qualcosa; nel mondo reale ci sono le aziende che tentano di fare soldi e le aziende sono composte da persone; nel mondo reale, tutti vogliono fare soldi, e fare soldi non significa essere cattive persone; nel mondo reale, quando qualcuno fa un bel gesto, non bisogna sempre inneggiare al complottismo ed andare a cercare gli scopi più bassi di chi lo compie. Un'azienda che per farsi pubblicità regala del cibo gratuito e buono a chi ne ha bisogno, è un'azienda che va scoraggiata? Ditelo alle persone a cui ha fatto del bene.

Io dico: meglio fare qualcosa di buono, seppur con un fine ultimo che realizzi il proprio interesse, che non fare proprio niente.