giovedì 27 marzo 2014

Perchè i parrucchieri sono malvagi


I parrucchieri. 
Premesso che credo di avere qualche tipo di ossessione verso i miei capelli, e che ho passato periodi più o meno lunghi in cui pensavo a come colorarli e tagliarli almeno cinque volte al giorno. Premesso che per due anni ho rinunciato al parrucchiere dopo aver passato, una volta, cinque ore - cinque, giuro - a farmi fare un lavoro che normalmente facevano in tre ore, solo per incompetenza o distrazione. Premesso che prima o poi bisogna comunque tornarci, se non si vuole che cresca un castoro sullo scalpo.
Premesso tutto questo, io odio, detesto, sospetto di qualunque essere vivente dichiari di aver frequentato un corso per parrucchieri e di avere da uno a duecento anni di esperienza nel campo. Li odio, in modo del tutto indiscriminato.

Ma cos'è che suscita questo odio viscerale verso questa fondamentale categoria?
Riflettiamoci insieme.




1. La decisione





Due settimane prima che la tua mente decida di concretizzare quel piccolo parto mentale che ti convince ad andare dal suddetto professionista, i tuoi capelli, un tempo ordinati e ben tagliati, hanno assunto la tipica forma a pelo di gatto incazzato. Ti svegli al mattino, ti guardi allo specchio e riconosci chiaramente la forma di uno yak - neppure nelle migliori condizioni - che si arrotola sulla tua testa apparentemente dotato di vita propria. Prendi la spazzola, cominci a strigliare la chioma, ma niente, lo yak è ancora lì. Allora prendi il phon, decidi di darti da fare con quello, e lo yak comincia a cambiare forma: d'improvviso ecco che una bellissima pecora non ancora tosata - ma tipo da qualche anno - compare tra le ciocche, e tu hai anche l'impressione d'aver sentito belare. Pessimo segno. Al che, prendi la piastra, indecisa se usare quella per capelli o quella per cucinare la carne, dato anche l'elemento ovino..ma ingenuamente decidi per la prima, dimenticando che l'odore, alla fine del trattamento, non dovrebbe essere quello di un toast. D'accordo, altro fallimento. Alla fine non resta che prendere un elastico e mettere fine a questo strazio. Rinunciare agli ultimi rimasugli di sex-appeal, che comunque attualmente sono a livello fattoria, ed arrendersi al pensiero a cui finora si è cercato di fuggire: bisognerà andare dal parrucchiere. 


2. La scelta del taglio


Una volta messa una mano sulla propria coscienza, è il momento di dare spazio alla fantasia. Già, cerchiamo di essere fiduciosi, di immaginare come un cambiamento potrebbe essere fonte di freschezza e novità nella nostra vita. Il taglio di capelli comincia ad assumere poteri magici, e d'improvviso ogni reclame, ogni rivista, ogni immagine di donna che scoviamo in giro diventa un'opportunità. Con quel colore potrei essere simpatica come Emma Stone. Con quel taglio avrei il fascino di Nicole Kidman. Con quello di sicuro all'università mi guarderebbero con occhio diverso. Insomma, la mente vola, senza riuscire davvero a dare un senso alla nostra faccia con in testa qualcosa che non sia un roditore.



Le più esperte provano con Photoshop: copincollano facce, cambiano colori, clonano frangette. Le meno esperte chiedono alle amiche, si legano i capelli, fissano lo specchio sperando che le raggiunga presto l'illuminazione. E poi, alla fine, dopo due settimane di rodaggio in cui sono state vagliate le possibilità più diverse, eccolo: il taglio perfetto. Taglio che, spesso, è identico a quello precedente perchè, si sa, vince sempre l'abitudine, ma ai nostri occhi è sicuramente "L'Eletto", che ci accompagnerà per qualche settimana rendendoci le protagoniste di uno di quei film in cui recita Jennifer Aniston. Commedia rosa per noi. Ma certo.


3. La spiegazione al parrucchiere


Il momento critico arriva non appena ti siedi sulla sedia del parrucchiere. Lo specchio davanti a te riflette l'immagine di una che non si è lavata i capelli per una settimana, sapendo che sarebbe stato vano, dati i venticinque shampoo a cui normalmente si viene sottoposti qui, ed il cuore è in modalità "creditore incazzato alla porta di casa tua", ricordandoti che sei ancora in tempo per la fuga. Ma no, il piccione investito che hai in testa ci impedisce di rimandare. Ed ecco, il parrucchiere si avvicina e chiede se hai già qualche idea su che cosa fare. Se sei fortunata, non hai nemmeno avuto bisogno di stampare la foto: sfoderi il cellulare e mostri la testa perfetta di una qualche modella a cui non assomiglierai mai, che è l'attuale e - secondo te - chiarissimo target. Nulla di più semplice del copiare, pensi, no? NO. Ma comunque, se sei sfortunata - e normalmente lo sei - non avrai trovato alcun supporto visivo per guidare la mente diabolica del professionista, nè un laureato in mediazione linguistica che possa tradurgli le tue idee in modo comprensibile. Ed ecco quindi che ha inizio la tipica danza del cliente sordomuto. La danza in questione consiste in una serie di gesti di diversa natura, spesso non dissimili a quelli che i primati usano per spulciarsi tra di loro, che vorrebbero trasmettere al parrucchiere la propria idea di taglio. Seguono lunghe filippiche sulla sfumatura giusta di colore, dove il rosso non è mai solo "rosso", ma diventa "color paprika" o "color rubino invecchiato" o "color rosso veneziano tendente al sangria ma più scuro". Tutta questa serie di sforzi, che sottintendono che il professionista abbia sulle spalle un carico d'esperienza tale da saperne fare buon uso, si conclude, naturalmente, come si concludono le conversazioni tra me e il mio criceto. E non c'è bisogno di specificare oltre, insomma.






4. Il grande momento


Lui stende la tinta, che ad occhio ti sembra sia arancione, e per nulla rossa come avevi chiesto, ma vuoi fidarti: è il suo lavoro, chi sei tu per dirgli che quella tinta non è come la volevi? Tanto bisogna aspettare che siano asciutti per dirlo, questo ti rispondono se provi timidamente a fargli notare la cosa. Quindi, pur con un enorme e spaventoso presentimento, lo lasci fare. Aspetti quaranta minuti leggendo squallide riviste di gossip o, se sei in un salone chic, qualche libro giallo di quelli che non hai mai nemmeno provato a leggere, ma che tua nonna per qualche motivo adora, e poi finalmente risciacquo. Lui ti fa sedere con il collo appoggiato ad uno di quei malefici lavandini del demonio, ti chiede di rilassarti ed apre l'acqua, ma solo dopo che tu hai assunto la classica posizione da mangusta con forti dolori alla cervicale, collo ad arco, leggermente sollevato e ad alto rischio di colpo della strega. "Dimmi se l'acqua è troppo calda" ..il tuo gridolino d'aiuto conferma che sì, forse l'acqua è un po' troppo vicina alla temperatura di ebollizione. Ergo, un getto di acqua gelida che nemmeno i tubi per lavare la macchina raggiunge la tua nuca, congelandoti all'istante nella suddetta posizione, ovviamente senza per questo rendere più semplice mantenerla. Dopo interminabili minuti in cui non ti resta che contare gli shampoo ed i balsami ed i nonsisabenechecosasiano che ti mettono sulla testa in un momento in cui tu vorresti solo poter rimettere il collo in una posizione umana, finalmente vieni portata sul trono che cambierà la tua vita. Qualcosa brilla alle tue spalle, tra le sue mani. Un enorme paio di forbici emettono un certo rumore metallico che in questo momento assomiglia un po' troppo ad una coltellata nella schiena, qualcosa come un omicidio passionale che si consuma contro di te, mentalmente molto doloroso ma pieno di speranze, come un cristiano che muore convinto che il paradiso esista. Insomma, pensi ancora che sia un sacrificio che vale la pena. 


5. Grazie e alla prossima


E poi ecco. Sollevi lo sguardo, distratta da quei pensieri, e te ne accorgi. Dove sono i tuoi capelli? Non gli avevi chiesto una spuntatina? Un paio di centimetri, così, per levare le doppie punte? Dove sono i tuoi meravigliosi capelli di fieno ispido, di cui solo ora ti accorgi di essere stata orgogliosa? E perchè, a vederli asciutti, ora, hai l'impressione di avere in testa un porcellino d'india? 




D'accordo, calma e sangue freddo. Sei stata una stupida. Per qualche minuto hai dimenticato di quante volte il parrucchiere abbia distrutto implacabilmente tutti i tuoi sogni e stracciato le tue aspirazioni, ma ora lo ricordi bene, e quel senso di odio che ti nasce nello stomaco è così familiare da rassicurarti. Per fortuna con esso c'è anche la consapevolezza più consolante: ricresceranno. Ed esistono le tinte del supermercato, grazie a dio. Ti alzi lentamente, poco dopo la fine degli ultimi ritocchi, e fissi lo specchio davanti a te costringendo le tue labbra ad una delle loro migliori performance recitative, perchè il parrucchiere non deve assolutamente sapere quanto ti faccia schifo il suo lavoro. Meglio evitare che si proponga di rimetterci le mani. Di nuovo. E poi la fatidica domanda di lui? "Che ne pensi? Ti piace?"..il tuo Es comincia a sputare veleno che nemmeno il drago della Bella Addormentata, vomiti insulti dagli occhi e cerchi nelle tasche della giacca il fucile a pompa che, sfortunatamente, devi aver lasciato a casa. Ma alla fine fai come tutte le altre volte, ti arrendi. Sorridi ed annuisci. "Sì, è molto carino. Certo, devo ancora abituarmici ma..mi piace". Dunque ecco, cerchi il suo sguardo in modo fuggevole, cerchi i soldi nel portafoglio ed aspetti che lui ti comunichi il prezzo di quello scempio. Novanta euro. NOVANTA EURO? Il sorriso si congela, ma si fa inspiegabilmente più ampio, ancora più convincente, degno del miglior Jack Nicholson. Qualcosa che ricorda Shining, ma solo agli appassionati del genere. Consegni i soldi senza fiatare, e magari borbotti anche un "ah, beh dai, pensavo peggio", quindi ti avvii all'uscita, cominciando a riflettere su cosa puoi fare per rimediare a quest'oscenità. Lui ti guarda, pacato, sorridente, ma godendo intimamente di quanto messo in atto, e sfacciato come non mai, vedendoti allontanarti come una ladra con un barboncino in testa, probabilmente morto, ti saluta sornione: "grazie, e alla prossima!"
E forse sì. Il bastardo ha ragione. Alla prossima.






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