venerdì 30 maggio 2014

La zanzaretta vien dalla finestra in sul calar del sole


Le stagioni calde sono le mie preferite. C'è tanta luce; ci sono gli uccellini che rompono le balle tutto il giorno ma magicamente si spengono la sera, prevenendo persone armate di fucili e già pronte a mettere fine alla loro vita se non li fanno dormire (ah, la selezione naturale, caro Darwin!); il verde; le vacanze; i pantaloncini corti eccetera eccetera.
Durante le stagioni calde, soprattutto quando l'aria esterna permette ancora una certa escursione termica con quella dell'asciugacapelli, in ogni appartamento, specie quelli non dotati di condizionatore, compare l'elemento "finestra aperta" e con esso tutte le conseguenze del caso.

Ancora ignara, io, ed ingenua per via del mio recente trasloco, ho cominciato a dormire a finestra spalancata da qualche giorno. Mentre sicuramente qualche cavalletta gigante progetta la mia morte, misurando la lunghezza dei salti che dovrà fare per entrare nella mia camera, che è, ahimè, solo al primo piano, l'arietta fresca mi solletica le spalle notte e giorno, accompagnata da uno sciame di simpatiche zanzare.


L'immagine è brutta ma rende.

Andata a dormire la prima notte nelle suddette condizioni, ho avuto modo di scoprire una verità fondamentale - a cui però non intendo arrendermi per principio - ovvero l'inspiegabile gelo che ti coglie nel momento in cui, alle sei del mattino, l'arietta nemmeno troppo fredda ti restringe tutti i capillari di braccia, collo e spalle, costringendoti a fare il cavernicolo sotto il plaid, seguito poi dal più comprensibile effetto Sahara che ti fanno le coperte sotto le quali ti sei rifugiato per ripararti. Il tutto, per quel che mi riguarda, si è ripetuto almeno sei o sette volte senza che sia riuscita a trovare alcuna soluzione.Il risveglio ha quindi visto due enormi mezzelune viola comparire sotto i miei occhi stanchi..roba che se leggo in qualche libro che un protagonista ha delle occhiaie che lo rendono misterioso ed affascinante, ne faccio venire un bel paio all'autore, a suon di mazzate.


Gli unici a cui le occhiaie stanno bene sono i panda.

La seconda notte, l'infestazione di zanzare è aumentata. Hanno cominciato a generare tribù in giro per la stanza ed hanno poi iniziato qualche strano rito voodoo rumoroso, per cui il ronzio non ha cessato che per qualche istante. Istante in cui naturalmente facevo in tempo a cadere nel dormiveglia più innocente, solo per risvegliarmi di soprassalto quando la stronza succhiasangue veniva a sussurrarmi i suoi profondi segreti direttamente nel padiglione auricolare. E venitemi a dire, adesso, che Edward Cullen è ancora il vostro succhiasangue più disprezzato.

Mentre l'occhiaia prendeva lentamente la forma del Grand Canyon con un'interessante capacità di emulazione di luoghi geografici, è giunta la terza notte di finestra aperta. Questa volta sembrava che le zanzare, troppo grasse per volare, mi abbiano dato una tregua. Mi sentivo quasi propensa all'ottimismo, lo ammetto, ed ho chiuso gli occhi molto presto, sperando di precipitare presto nel torpore. E' proprio quando questo torpore mi ha annebbiato un po' la materia grigia, che delle voci sono emerse dal silenzio. E no, non era il mio inconscio che chiedeva aiuto. Erano un ragazzo e una ragazza. Li ho ignorati finchè non ho capito che la cosa sarebbe andata per le lunghe. Massì, litighiamo sotto il mio balcone, tra due palazzi, alle tre di notte. Perchè no?

Ho tentato invano di seguire la conversazione. Se non puoi farli tacere, almeno ascolta i cazzi loro, così dice il detto. Ma nonostante la breve distanza dal mio balcone, per l'esattezza meno di tre metri, la maggior parte dei discorsi mi sono sfuggiti - ahimè. Tutto quel che sono riuscita a captare erano le scuse remissive e docili del ragazzo che doveva aver fatto qualcosa di molto grave(?). E lui se n'è reso conto! Dalle due e mezza era lì che "Marika, mi dispiace, ho sbagliato, non  avrei dovuto".. sono sicura che se avesse conosciuto altre lingue l'avrebbe pronunciato anche in quelle. In russo, in tedesco, in arabo. E' pentito, non avrebbe dovuto fare quello che ha fatto eccetera.
Alle tre e mezza comincio a rimpiangere le zanzare. Al tempo stesso, provo una profonda pena per quel povero ragazzo, là sotto, investito quanto me da centinaia di parole su parole su parole, e nel sonno maturo per lui una certa empatia. Un'empatia tale che mi avvicino alla finestra, pronta a prendere non una ma ben due decisioni fondamentali.
Mi affaccio, guardo giù, schiarisco la voce..

"Marika, tesoro, si è pentito già mezz'ora fa, così, per dirtelo"


E qui, soddisfatta, la seconda decisione: chiudo la finestra. Torno a letto. Accendo il ventilatore.
Buonanotte.

(PS: se avete uno di quei ventilatori attaccati al soffitto, diffidate: le zanzare subiscono, sì, l'effetto tornado, ma non disdegnano il calcagno. E si sa che grattarsi i piedi può diventare molto spiacevole, ve lo dico per esperienza diretta)

sabato 24 maggio 2014

Per volare hai bisogno di ritrovare i tuoi pensieri felici!


Perfettamente conscia di quanto la felicità e la serenità siano labili e transitorie, sono in quella fase della vita in cui non mi sento nè formica nè cicala, bensì entrambe. Nella favola l'una 'spreca' l'estate lavorando sodo al fine di accumulare risorse per l'inverno, l'altra 'spreca' il suo tempo a cantare, trovandosi poi, nella cattiva stagione, senza nulla di cui vivere. Memore dell'esperienza triste dei due orripilanti insetti, ho deciso di godermi al massimo questo momento di completa e quasi inquietante soddisfazione e coglierne frammenti, piccoli ricordi, moniti, pensieri e quant'altro, per conservarli per quando il mondo mi volterà le spalle - sporco bastardo, oh. Scusate il francesismo.

Ho comprato una scatola, alla Feltrinelli, oggi. Anzi, me l'ha regalata la persona X, che da oggi chiameremo Esse. E' una scatola di latta, semplice come forma, molto carina come colori, ed è uno di quei classici contenitori in cui sarebbe uno scempio mettere qualcosa che non sia bellissimo e profumatissimo e piacevolissimo. Ci ho pensato a lungo, ed ho deciso di farne la mia "Scatola della Felicità", all'interno della quale mettere, chiaramente, oggetti che mi riportino a momenti felici. Tra le prime cose, il biglietto che Esse mi ha scritto per il compleanno, il biglietto del cinema del nostro primo bacio - sì, età mentale della sottoscritta: 14 anni - ed un sottobicchiere del posto e del giorno in cui ho festeggiato il compleanno di quest'anno. Bei momenti. In "inverno" aprirò la scatola e saprò che mi aspettano nuovi momenti per riempirla. Spero solo non diventino rimpianti, ma metterò al suo interno tutto quanto mi ricordi che sono stata io a rendere questo momento così perfetto, e non il mondo da solo. Così mi ricorderò di avere la stessa forza, da qualche parte, da poter usare di nuovo. Lo spero, almeno, oh. Non fatemi dubitare, shhh!



Scrive Rodari 
(e se non lo conoscete avete avuto una pessima infanzia):

Chiedo scusa alla favola anticase non mi piace l'avara formicaio sto da parte della cicalache il suo bel canto non vende,regala. 
..però la fusion ha più stile, dai.

giovedì 22 maggio 2014

Le feste di comple(d)anno


Tempo due giorni e sarò più vecchia di un anno. Per evitare il trauma che ne consegue, ho cominciato a dichiarare la mia età invecchiata già da qualche mese, motivo per cui è la terza volta che quando qualcuno mi chiede quanti anni compio mi viene da rispondere con l'età ulteriormente aumentata di un anno. Mi do due anni in più e la gente non se ne accorge, oltretutto, cosa che potrebbe davvero indurmi all'omicidio. Ma no, scherzo. Un giorno, quando crederete che abbia 50 anni, potrò finalmente ed orgogliosamente svelare di averne solo 48 e la carta d'identità mi darà ragione.

Due giorni e finalmente sarà la MIA giornata, quella in cui teoricamente tutti saranno ai miei servizi e dovranno compiacermi quanto più possibile. Ho giusto comprato un piccolo diadema per l'occasione.
Sì, lo so. E' utopistico e sbagliato, ma la mia idea di compleanno è questa qui, anche se nessuno ne ha davvero la consapevolezza. Meglio nascondere il Narciso dittatore che c'è in noi, ehm.





Ho sempre desiderato fare qualcosa di grosso al mio compleanno, e non sempre ho ottenuto quello che desideravo. Se anche voi avete fatto parte del "gruppo degli sfigati" (riferimento a due o tre post che ho scritto settimane or sono, leggeteli!) forse proverete una certa empatia nonchè un senso di identificazione per le mie fasi "compleanniche".



* Festa a casa con gli amichetti (dai 2 ai 5 anni)

La prima manifestazione di vita sociale del tutto inconsapevole e completamente vissuta dai genitori, è quella della festicciola dei primi anni di vita. Quella in cui generalmente ti vestono in qualche modo inquietante, ti umiliano con vestitini orridi di cui per fortuna tu non hai memoria, ed invitano tutti i bambini della tua età a casa tua - ma solo se i loro genitori hanno qualche possibilità di non essere dei rompicoglioni, perchè la festa è, in realtà, una scusa per girare filmini imbarazzanti alla tua persona. Sebbene questo tipo di party non rientri in quelli di cui hai memoria, sai bene che arriverà il giorno in cui qualcuno tirerà fuori la foto o il filmino stesso di tale occasione, attirando su di te attenzioni di un genere che non avresti mai voluto.





*Festa da McDonald (dai 6 ai 12 anni)

Resisi conto dell'insostenibile pericolosità di un branco di mocciosi sporchi e distruttori all'interno della propria casa, i genitori scoprono la semplicità, la velocità e soprattutto lo scaricamento di responsabilità delle feste organizzate dal McDonald. Cucinano loro, puliscono loro, l'animazione la fanno loro - o viene gentilmente appioppata a qualche pocopiùcheventenne - ed il genitore se ne deve stare al tavolo "dei genitori", in panciolle, sapendo che presto tutto sarà finito. Nel frattempo, tu ti diverti un casino, questo bisogna dirlo. Anche se non hai mai preso un panino diverso da quello offerto dall'Happy Meal, che a rivederlo ora è veramente molto triste, il cibo dal Mc era un must, e soprattutto la sorpresa prevista da quella casina di cartone era tutto quanto potessi desiderare. Se i genitori sono stati furbi, hanno scelto un McDonald con i giochini dove arrampicarsi, per stancarti nel tempo massimo di un paio d'ore, per cui dopo questi intensi momenti di gioco e soddisfazione, apertura dei regali e distribuzione di una torta che per quel che mi riguarda non ho nemmeno mai mangiato, se ne potevano tornare a casa tutti, senza prolungare l'agonia.



Parliamo dell'inquietudine di questa foto. Creepy.

*Festa in un locale, di pomeriggio (dai 13 ai 15 anni)

Quando la fase adolescenziale comincia a spingerti verso ogni tipo di cibo, facendoti attraversare lentamente la fase balenottera azzurra di cui un giorno riderai con una certa vergogna, il McDonald, con il suo Happy Meal scrauso e semi-vuoto non è più sufficiente. Arriva quindi la fase in cui i genitori, magnanimi ed un po' emozionati per la tua incredibile crescita in altezza durante i giorni dell'adolescenza - "ti portavo sul palmo della mano!" [cit...ciao Pa'!] - decidono di concederti di affittare un locale, da qualche parte, da allestire per una bella festa seria con i tuoi amici. Bisogna sottolineare che questo generalmente accade dopo una certa insistenza da parte tua. Insistenza in cui compaiono almeno un centinaio di "ma Giulia ha fatto questo al suo compleanno! Giancarlo quest'altro! E Tizio ha affittato un palazzo! Caio un castello! Sempronio tutto il mondo!" ..non c'è nulla di peggio di un pre-adolescente cagacazzi. Dunque la festa viene organizzata ed è più faticosa di tutto quanto affrontato finora. Bisogna comprare - e ricordarsi - i piatti di carta, i bicchieri, le forchettine, i tovaglioli di carta, le decorazioni, la torta, i coltelli e i cucchiaini per la torta, il cibo, le decorazioni, gli inviti, l'animazione, i palloncini e la relativa pompa, le bibite, le indicazioni per raggiungere il posto eccetera eccetera. Tutto questo, chiaramente, è onere dei genitori, che da perversi fautori di video trash di bambini grassocci si trasformano in pochi anni in martiri organizzatori di feste. Il contrappasso.


*Festa auto-organizzata (dai 16 ai 17 anni)

I sedici anni segnano inevitabilmente la fine delle feste organizzate dai genitori - fatta eccezione per quella dei 18 anni - e cominciano a diventare più discriminanti, nonchè più affini al tipo di persona che si è diventati. Se si fa parte del gruppo dei fighetti - e sottolineo "etti", perchè a quell'età è tutto molto relativo - è probabile che le feste vengano fatte in discoteca, con tanto di alcolici e locale intero prenotato, chiaramente invitando solo i propri amici. Sparisce, infatti, il senso di dovere nei confronti della propria classe: non tutti sono invitati, il che rende la cosa complicata ma al tempo stesso meno imbarazzante. Se si fa parte del gruppo degli sfigati - e indovinate in quale gruppo ero io.. - la discoteca è tabù e l'affitto di locali comincia a diventare superfluo: gli amici sono pochi e stretti, per cui si opta per il brindisi in qualche pub, di sabato sera, o il cazzeggio al parco, se si ha la fortuna di essere nati nella bella stagione.



Immagine assolutamente NON realistica di un'ipotetica festa.

*Festa dei 18 anni (solo a 18 anni, easy)

Per chi ha la fortuna di avere tanti amici e tanti soldi, oltre che genitori che vogliono riempire l'ego dei figli con una celebrazione in grande stile, è prevista, al compimento dei diciotto anni, una bella festa in un locale particolarmente wow. E' quasi d'obbligo comprare un vestito elegante, tacchi per le fanciulle, che da brave adolescenti in calore generalmente non vedono l'ora di sfoggiare la coscia - e cravatta per gli ominidi, che si divertiranno a dare giudizi 'esperti' sugli alcolici di tale occasione, sentendosi ormai grandissimi somelier. La festa prevede la presenza di quelli che mi piace chiamare "genitori-cartadaparati", ovvero gli individui adulti che supervisionano in silenzio il tutto ed hanno, come unica funzione quella di scattare le foto e portare la torta. Per il resto, se si è fortunati la festa riesce discretamente, ma il più delle volte c'è una fortissima presenza di persone sedute, nessuno che balla, gente imbarazzata negli angolini e tantissima musica sprecata. Se siete me, avete provato l'ebbrezza delle feste altrui e, nauseati dall'imbarazzo, dal disagio e dal superfluo, avete scelto una soluzione diversa: viaggetto ad Orvieto e ritorno in giornata. Una sola fetta di torta simbolica, una sola candelina e via. Best Birthday Ever.





*Festa ma anche no (dai 19 in poi)

Come va avanti il concetto di compleanno dai diciannove anni in poi è talmente personale che è difficile stabilire una categoria precisa. Per quel che mi riguarda, ho notato un lento passaggio dal pic-nic con amici, quasi tutti da parte del consorte, ma comunque una bella folla, al compleanno solitario con la sola migliore amica, venuta a casa mia per pena, dopo aver notato che la mia asocialità aveva praticamente azzerato del tutto le persone invitabili. Insomma, la festa era impensabile e indesiderabile, allora. La tristezza dilagava, la depressione ha avuto la meglio e poi, a distanza di un solo anno, da allora, ho riscoperto il piacere del festeggiamento con le persone a cui tengo: mi sembra di tornare ai sedici anni, e questo è bene per la mia autostima che invecchia.


***

Ed eccomi, il giorno dopo la gran festa di ieri sera: ho riso, scherzato, parlato, saltellato, bevuto, mangiato, bevuto, bevuto, bevuto, bevuto.. non potevo sperare di meglio. Questo pensavo, con la testa nel cesso e la cena già mezza digerita che si ripresentava sotto forma di poltiglia e puzza di vomito schifosissima. Ho invitato a dormire da me la persona X, ed è stato molto, molto romantico farmi reggere i capelli da lei.
Una gran festa, migliore di quelle da McDonald quando i panini andavano a male ma te li servivano lo stesso.
Ci sentiamo quando mi sono ripresa.
Yum.

lunedì 12 maggio 2014

Dare ripetizioni, Pt.2


"Ma io non lo so l'alfabeto!"

...



Il mattino ha l'odio in bocca


L'infiltrazione è sempre più grande. Dalla macchia nera a forma di omino di profilo, in una notte ha raggiunto l'altro lato della cucina ed è bastato un solo giorno perchè cominciasse a piovere in tutto quanto di commestibile si trovasse al di sotto. 
L'odore è a metà tra quello di chiuso, quello di sauna e la muffa più bieca, impregna le pareti, impregna il corridoio, comincio a sentirne qualche avvisaglia persino dalla mia camera. Se guardo bene c'è anche una crepa, lassù, una di quelle che preannunciano la tua morte per soffocamento sotto le macerie di un tetto che non ce l'ha fatta. Bisogna fare qualcosa, ed il prima possibile.

Vado al piano di sopra, dove ho già lasciato tutta una serie di foglietti in ordine di minaccia, dai più sanguinosi, diretti ai precedenti proprietari, ai più carini, diretti al signore in giacca e cravatta, non più che trentenne, che si è gentilmente preoccupato di assicurarmi che il problema verrà presto risolto. Ecco, è proprio lui che cerco, e sollecito il tutto nella speranza di poter fare un'insalata senza condirla con acqua di tubature rotte filtrata dal soffitto. Lui sorride, è gentile. Domani arriveranno gli operai. Si risolverà tutto.



***



Arriva un nuovo mattino, ma non me ne accorgo dal cinguettio dei passerotti nè dal dolce filtrare del sole attraverso le tende. A svegliarmi è una sinfonia ben più significativa: forti, brutali martellate contro il muro della cucina - ma sono quasi sicura che stiano facendo un tunnel per entrare nella mia camera - condite con trapanate altrettanto soavi e continue. L'Inferno. 

Apro lentamente gli occhi della coscienza, solo quelli, mentre gli altri rimangono, tutti rinsecchiti, incollati alle palpebre. Le orecchie lentamente connettono con il cervello e realizzo: gli operai. Dunque trapano, martello, e voci. Voci di almeno cinque persone, e questo mi suggerisce di essere appena entrata nel mio peggiore incubo. Sconosciuti in casa mia. Alle otto di mattina. Caos. Io che non posso dormire.. d'accordo, decido lentamente, con un grandissimo sforzo, che è il momento di alzarmi. E' allora che ricevo la conferma che temevo: non c'è acqua.

Adesso, mi direte, che non ci sia acqua può non essere un grande problema. Non tirerai lo sciacquone per un po'. Non potrai lavarti i denti. Non potrai farti la doccia. Tutte cose che potresti rimandare in tutta tranquillità. Ma vi invito ad una riflessione che vi farà comprendere il vero DRAMMA della cosa. 
Sono le otto del mattino. La cucina è infestata da gente di provenienza sconosciuta. Ci sono trapani e martelli che tentano di entrarti in camera. Non puoi dormire, quindi devi svegliarti. E non hai l'acqua per farti il caffè.



" ..Il caffè! "


L'eco della mia voce interiore grida, straziante, quest'unica parola, con tanto di articolo determinativo che fissa l'oggetto perduto come un santino in cima alla porta d'ingresso della casa di una nonna. Non è caffè. Non è un caffè. E' IL caffè. O meglio, non è, perchè non è qui. Non puoi averlo e no, nemmeno la vana speranza di una flebo di caffeina sembra risollevarti il morale. Non c'è acqua nemmeno per la flebo, capite.

Chiudo di nuovo gli occhi, decisa ad immaginare che le martellate siano l'innovativa ninnananna di un percussionista contemporaneo ed incredibilmente il sonno ha la meglio: raggiungo il mio scopo per dieci minuti, prima di rendermi conto che si è trattato solo di una pausa tra una trapanata e l'altra. Subisco un secondo trauma di risveglio, simile al primo ma più consapevole. Mi dico che a breve qualcuna di quelle persone se ne andrà, che presto potrò andare in bagno senza che il mondo mi veda in piagiama a pois, con le treccine del giorno prima e l'aria da comparsa in The Walking Dead, ovviamente un'Errante, ed alla fine effettivamente qualcuno trova di meglio da fare che restare qui ad ammirare la mia meravigliosa infiltrazione.



***





Ad un certo punto, bussano alla porta: la zia della mia coinquilina, nonchè proprietaria dell'immobile, si addentra nella caverna fucsia che è la mia camera, ed io mi costringo ad assumere la dignitosa espressione di chi non è per niente infastidito dal suo ingresso, nonostante avverta chiaramente tuoni e fulmini alle mie spalle, altezza scapole, che sventolano in procinto di metter su una catastrofe naturale. Ma no, sorrido, mi presento, mi scuso per essere stata l'ameba inutile e dormiente che non si è fatta vedere per tutta la mattina - chiaramente l'avrei fatto a prescindere, le mie scuse sono unicamente di cortesia - e lei mi spiega perchè abbia bussato. La stanza, che un tempo era sua, contiene nell'armadio alcune lenzuola e coperte che vorrebbe riprendersi. La fisso per un paio di secondi, costringo i muscoli del viso a restare immobili, per fortuna già intorpiditi dal sonno e dalla mancanza di caffeina, ed annuisco. Certo, signora, quando vuole. 
E non appena la signora esce, mi arrendo e mi rassegno al mio triste destino, indotta ad una certa fretta dalle coperte assolutamente non mie che sbucano da sotto la trapunta e che ho molto serenamente sfruttato, notando che non ne avevo di mie da utilizzare. 

Ed ora sono qui, mai completamente sveglia ma neppure sonnambula. Contemplo con aria triste la rincuorante solitudine della mia stanza ed ogni tanto la tentazione di calarmi dalla finestra mi coglie all'improvviso, facendomi provare il brivido dell'avventura ma soprattutto il desiderio di fuga che non riesco a scrollarmi di dosso. Sogno malinconicamente il mio caffè, quello che non potrò bere, sospiro e poi comprendo: forse l'insalata condita con acqua d'infiltrazione non era poi così male come pensavo.

domenica 11 maggio 2014

Non guardatemi lo Spotify


dignità
[di-gni-tà] s.f. inv.1 Considerazione in cui l'uomo tiene se stesso e che si traduce in un comportamento responsabile, misurato, equilibrato SIN rispettabilità,decorod. umanadimostrare una grande d.estens. compostezza, decoro che denota rispetto per sé e per gli altri: volto, pieno di d.


La dignità è un sostantivo che richiede particolari ed assidue attenzioni per essere portata addosso. Lo dico come luogo comune, perchè per quel che mi riguarda le mie esperienze con "la dignità" sono le stesse che ho avuto con lo stracchino in infanzia: pochissime.

Dignità è aprire Spotify ed ascoltare solo canzoni universalmente riconosciute come decenti dai tuoi amici, ed altre cose solo al buio della propria stanza, con Chrome in modalità Incognito, su Youtube ma senza fare il Login, cancellando la cronologia alla fine. I tempi in cui nascondevi il porno finiscono dai vent'anni in poi. La vera tragedia è quando ti piace ascoltare Biagio Antonacci: nessuno, NESSUNO deve saperlo. 




Data l'importanza della dignità nella nostra vita di tutti i giorni, è altrettanto importante comprendere cosa vale la sua perdita - o meglio, quando siamo disposti a calpestarla, violentarla, perderla per sempre per ottenere qualcosa, non di rado riponendo speranza nell'utopia.

Un tipico atteggiamento di perdita della dignità è quello che assumiamo noi donne dal passato buio, che per qualche motivo probabilmente estetico, in adolescenza non abbiamo avuto modo di sviluppare un'autostima sufficiente alla conquista del "maschio". Memori di quei tempi incerti in cui un sorriso poteva costarti l'anonimato e renderti il centro di tutta una serie di malignità ben studiate dai compagni di scuola per il resto dell'anno, abbiamo imparato ad agire mimetizzandoci con la passività di atteggiamenti in cui la dignità, pur sottilissima, è ancora presente.
Per quel che mi riguarda, avevo, ai tempi, la pessima abitudine di seguire le mie prede in silenzio, facendo del mio meglio per essere notata, ma senza esagerare. Mi aspettavo, ingenuamente - come ho potuto scoprire solo più tardi ed a caro prezzo - che il ragazzo di turno, nonchè temporaneo Dio greco mandato dal Fato per me, s'innamorasse della mia vivacità e freschezza d' improvviso (vivacità e freschezza, ovvero un altro modo per dire: non è essere un cesso che conta). Presente quando arriva l'illuminazione divina, il cielo prende vita sulla tua testa e vedi la Madonna in tutto il suo virgineo splendore? Ecco. Io ero la madonna - virginea per suddetti motivi - e lui il futuro prete illuminato. Capite come sia emblematica la metafora, se vista in questi termini. 

Insomma, nasci, cresci, diventi sfigata, poi cresci ancora e non dimentichi. Ti restano alcuni atteggiamenti scomodi, quelli che in un altro post avevo definito "bug" ( Non abbiamo bisogno di superpoteri ) e a vent'anni, trent'anni, cominci a fare cose che sarebbe meglio facesse il tuo cane. 
Nello specifico, perdere la dignità è scoppiare in lacrime per la novantesima volta alla morte di Di Caprio, in Titanic; alla fine del Signore degli Anelli, se hai un passato nerd; disperarsi e non riuscire a farsi una ragione per cui Lily abbia dovuto sposare James ed abbia lasciato Piton a fare il forever alone; oppure creare una lista su Twitter con otto tuoi amici unicamente per leggere tutto quello che pubblica la persona X. Ehm ehm.



Questa è un'immagine indicativa, ma la vera infiltrazione è anche peggiore.
Ed ha la forma dell'omino che vedete sopra.

Avrei voluto fare molti altri esempi a riguardo, ma credo di avere la testa altrove, probabilmente in cucina, dove, data la recente infiltrazione a forma di omino del The Space Cinema, ha cominciato a piovere da un paio di giorni. Piovere, sul serio. Mi è finita acqua nell'insalata, tra i capelli, tra le tette e nei ravioli. 


Ci sono molte cose per cui volenti o nolenti possiamo perdere la nostra dignità, ma le più belle sono quelle per cui perderla vale la pena e lo facciamo senza neppure pensarci. Per alcune persone faremmo qualsiasi cosa, per il loro bene, per il loro amore, per quello di noi stessi, anche, perchè no. Eppure, prima che questo diventi un post romantico - sono particolarmente tentata di buttarla sul serio ma cercherò di risparmiarvela parzialmente - bisogna sottolineare una cosa:

quando bisogna saltare ad occhi chiusi, pur sapendo che il terreno è lì, a mezzo metro di distanza, la paura è tale da indurci a fare prima una bella capatina in bagno. Senza ritorno, possibilmente. 

Eppure è lì! Ad un passo da te, la felicità! Potresti allungare la mano e stringerla forte, riempirtene i polmoni, la bocca, tutti i sensi, e invece te ne stai lì a guardarla. Sorridi, perchè l'attesa riporta il piacevole sapore adolescenziale dell'idealizzazione, eppure non ti butti. Perchè? Perchè te la fai sotto, l'ho detto. Perchè cosa verrà dopo? Perchè..e se non fosse il momento giusto? Qual'è il momento giusto? Non è ora. Ma quando?




Per esemplificarvi..
Sono due settimane, se non tre, che sbavo dietro questa persona X, e la meravigliosa notizia datami da una mia amica mi ha aperto il mondo, lo ha ritinteggiato di rosa e poi ogni volta, sempre, quando sono lì, con lei, da sole per qualche miracolo divino, divento una persona schiva, silenziosa, allontano lo sguardo, fingo che non mi importi, perdo le parole. Ciao, Ligabue, ciao. 

Riempirei i silenzi con mille momenti da film romantico che nemmeno Notting Hill e Pretty Woman, ti stringerei forte per cercare di sentirti addosso e vedere cosa si prova a respirarti da vicino, e poi non ti darei più il tempo di preoccuparti di quello che dici, e... tutte cose, ragazzi, tutte cose. 
Fatto sta che il nostro è un amore talmente platonico che non sappiamo nemmeno di averlo, così io procedo nella speranza di trovare un'occasione buona in cui valga la pena di perdere la famosa dignità, ma soprattutto spero che la persona X la perda per prima. Quella sarebbe davvero la soluzione a tutti i miei problemi!

Per concludere il discorso, non importa che tu riesca a trovare un finale degno o un finale indegno: questo post sarà sempre peggiore dei precedenti. Grazie, Murphy. 
Ciao.


lunedì 5 maggio 2014

La Fu Okashilau


Giusto poco tempo fa ho fatto qualche allegro saltello di gioia, nello scoprire che la "famosa" Okashilau (ma chiamiamola Laura, credo che ora sia più appropriato) leggeva il mio blog. Questo è uno dei classici momenti in cui la Legge di Murphy regna sovrana, motivo per cui non solo la suddetta ha fatto un bel repulisti di tutti i suoi svariati account, ma l'unico modo che ha lasciato per contattarla è Instagram, che la sottoscritta non adopera - o meglio, ho l'account ma non lo uso nè potrei, visto che il mio cellulare è in sciopero.
Inutile dire che su Instagram se non hai un profilo non puoi rispondere, ergo ecco il motivo del presente post:

Lau, se mi leggi o mi leggerai, batti un colpo. 

Riconfermo il mio proposito di continuare a seguirti, se mai dovessi decidere di tornare a pubblicare qualcosa, anche se non mi vedi lì su Instacoso


E grazie, grazie, ri-grazie per tutti i tuoi consigli, le riflessioni che mi hai suscitato, l'entusiasmo con cui scrivi e rispondi e perchè senza di te non avrei mai comprato la mia adoratissima palette di 80 colori. Ahah.


La classe non è acqua. E' carta igienica.


Le nonne sono infide.
Hanno un'arma infallibile per persuadervi ad andarle a trovare anche quando sapete in anticipo che vi sgretoleranno le balle: la vecchiaia. La tipica frase di una nonna astuta - non credete alla favola di Cappuccetto Rosso, è per ingenui! - è la seguente:

"Vieni a trovarmi? Che poi chissà se l'anno prossimo ci sarò ancora"

..con la variante:

"potrebbe essere l'ultima volta che ci vediamo"


Ecco, sono cinque anni che potrebbe essere l'ultima volta che vi vedete, e sono cinque anni che vi lasciate convincere, vostro malgrado, spinti dai sensi di colpa ad attraversare l'Italia o addirittura il mondo per rivedere la nonna per la terza ultima volta della vostra vita. 


E' proprio così che è andata, ed in breve tempo mi sono imbarcata sul treno che mi ha portata a Milano, finendo per incorrere in alcuni momenti classici che sicuramente(?) non sono l'unica ad aver provato. 
Prima fra tutte le sorprese, è stata la 2^ Classe Premium del Frecciargento. Ignara che una simile classe esistesse, in tutta la mia aria da poveraccia, continuavo a vedere carrelli con bellissime signorine e signorini ingiacchettati e tirati a lucido che passavano con bevande, cibo, giornali e caffè, e reagivo alla cosa girandomi dall'altra parte ed ignorandoli come la peggiore delle cafone. In realtà a volte partiva anche il "no grazie", educatissimo e degno della migliore asceta romana, come la mia magrezza sembrerebbe testimoniare, ma posso assicurare a tutti voi che trattenevo la bava con particolare fatica. Il fatto è che, pezzente come non mai, oltre che ingenua ed ignorante, non avevo nessuna voglia di pagare per avere un bicchierino di cocacola o un caffè. O quei crostini sfiziosissimi che..gnam. No, ecco. Avevo la mia acqua di lavandino e le mie crostatine, oh.
Come potete immaginare, alla fine del viaggio, e non prima, ho compreso la dura realtà: ognuna di quelle cose era del tutto gratuita e gentilmente inclusa nel tipo di biglietto che la mia genitrice aveva comprato al posto mio.



Immagine TRASH.

Arrivata a Milano e trascorsa una giornata e mezza con un paio di amici che non vedevo da tempo, non ho potuto fare a meno di notare come la città in questione sia funzionale ed organizzata ben oltre agli standard a cui sono solita. Non dico che i treni siano sempre in orario, chè siamo pur sempre in Italia, ma c'è la carta igienica nei bagni, i copricessi, tante sedie pulite in stazione, i prezzi analogici nei supermercati, i piccioni educati per strada, l'onda verde eccetera eccetera. Innegabile che al Nord le cose funzionino più che al Centro, ecco. Posso dire, però, in difesa della mia parziale terronaggine, che Milano è una città brutta. Ma brutta brutta brutta, neh! [cit.] 
Capisco perfettamente perchè un milanese non possa neppure immaginarsi a vivere nella squallida, povera, sporca, malfunzionante Roma, eppure quest'ultima resta bella, bellissima sempre. 





Giunta nella città natale di mia nonna, che non è Milano ma è a ben due ore di distanza da lì, in Valtellina, ho passato tre giorni di sentimenti ambivalenti. Volevo fuggire via, il più lontano possibile e subito. Tornarmene a casa, dai miei amici, dalla persona X, dal mio criceto, ed al tempo stesso avevo le lacrime agli occhi nell'osservare come possa farti sentire accolto trovarti in mezzo alle montagne, abbracciato dalla terra e quindi sicuro. Commozione e fastidio ed io sono stata combattuta finchè non ho compreso la cruda realtà: avrei dovuto passare due intere cene con amici di vecchia data. Amici dei miei genitori, che mi conoscono da quando avevo tre anni, e che non mi vedono da almeno dieci. Vi lascio immaginare quanto mi trattassero da adulta e potenziale partecipante ai discorsi - pur vero che io stessa sono stata condizionata dalla cosa. Insomma, lì ho capito che prevaleva il sentimento di fuga, ovviamente invano.



Valtellina, foto fatta dalla sottoscritta


Un appunto per voi genitori o futuri tali: la frase "mettiti qui, insieme agli altri ragazzi" e affini, va bene fino ai diciotto. Dai diciotto in poi, hai rotto il cazzo e mi stai discriminando. Oh. 

Aggiungiamo al tutto mia nonna che, poverina, è adorabile, ma come tutte le nonne mi tratta ancora come se fossi una totale incapace disorganizzata. VA BENE. Lo sono, un po'. Poco. Pochino. 
E quindi!? Eddai, lo so trovare il cesso a Milano Centrale, eh!


[nota: la vera differenza tra la Seconda Classe e la Prima - come ho scoperto al ritorno - è la presenza di carta igienica nei cessi. Sappiatelo]

giovedì 1 maggio 2014

Take it!


Il tempo stringe. Tra meno di un'ora devo uscire e farmi non so quanti metri a piedi, con il trolley, diretta alla stazione dei treni che mi porterà a Sondrio, la patria delle mie radici, nonchè luogo in cui non ho alcun interesse attuale a stare. Ooookay, c'è mia nonna, vado per quel motivo. Non sarà divertente, ma son cose che vanno fatte.

Dicevo, il tempo stringe ed io dovrei finire di fare la valigia, truccarmi, mettere il mettibile tra i vestiti, preoccuparmi di arrivare con tanto anticipo per potermi annoiare in stazione per ore, e invece sono qui a scrivere di quanto il mondo sia bello e di quanto veda unicorni e stelline colorate a perdita d'occhio, da ieri sera.

Non posso fornire alcun particolare di quanto accaduto, perchè il blog è anonimo ma le mie conoscenze non sono stupide ed i segreti devono rimanere tali anche nell'anonimato, fatto sta che il mondo è WOW.

Ho un sorriso stupido da ieri sera, ed improvvisamente sembra che le cose vadano al rovescio. Lungi dall'essere accaduto qualcosa di concreto, ho però confermato a me stessa che le persone non le capisco nemmeno sotto sforzo. Soprattutto, sotto sforzo. Il che è potenzialmente un bene, se hai delle amiche che vogliono indurti alla felicità. Rendiamoci conto.

Ho materiale per i film mentali per almeno un mese.
Belli i film mentali.
Belli se finiscono bene anche le cose fuori.

Pulciazze mie, da quando ho cominciato a guardare il mondo come una potenzialità, il mondo è diventato una potenzialità. Io lo guardavo con l'ottimismo di chi sa di avere davanti l'infinito, ed il mondo è diventato qualcosa di bello in cui costruire qualsiasi cosa. Persino nel male c'è del bene, e nell'indifferenza c'è del bene. Suggerisco davvero a voi tutti di guardare la vostra vita presente e cambiare quello che vi rende infelice. Subito. E coltivare quello che vi rende felici, non solo per abitudine. Se la vostra migliore amica lo è per abitudine, ma non la vedete mai, trovate qualcosa di nuovo su cui ricostruirvi. Rinnovatevi. Non so come ho fatto ad applicare tutte queste cose, come sto facendo, che cosa mi è scattato nella testa, ma io avevo una vita grigia, insignificante, inutile, totalmente insoddisfacente. Un giorno mi sono alzata con occhi diversi ed ho cambiato il modo di guardare. Il mondo è cambiato. 
Olè, finito il pippone alla Jordan Chase - se avete visto Dexter sapete di cosa sto parlando.

Vado a finire la mia valigia nella consapevolezza che anche questo post non vi farà ridere, ma che magari uno su cento - non che il blog lo leggano così in tanti - sappia fare buon uso di questa breve lettura.
A prestissimo!