lunedì 28 aprile 2014

L'eredità del nerd redento


C'è un po' d'ironia di fondo nelle scelte del destino o delle coincidenze. C'è quel giorno lì, che hai voglia di vedere la solita persona dietro cui sbavi copiosamente da oltre un mese, e che stalkeri ogni istante, sperando che si ricordi di mandarti qualche messaggio su Whatsapp, così, per grazia ricevuta. E quello stesso giorno la persona, friendzonandoti non per la prima, ma per l'ennesima volta, accetta di uscire, sì, e ti chiede di domandare a tutti gli altri del gruppo di accodarsi, disgraziatamente, a quella che speravi sarebbe stata un'uscita potenzialmente di coppia (ma senza coppie, eh). 
L'ironia vuole che tutti abbiano di meglio da fare e che la tal persona non sia più nelle condizioni di inventarsi un'improvviso attacco di dissenteria per evitare di uscire sola con te, motivo per cui alla fine vi ritrovate esattamente come speravi: da sole, in un pub con le luci basse, a parlare di tutto e di niente, con strane birre artigianali che non comprendi ma che la persona, al contrario conosce a menadito. Così, per sottolineare quanto siate simili in tutto e per tutto.
La sua sola esistenza e compagnia placa i brutti pensieri. Un po' ci speri, che la serata non finisca con un bacio sulla guancia e un "ciaociao" sventolato con la mano, ma è davvero così rilevante, come finirà?
Stai bene, questa persona non sembra in difficoltà, in tua presenza, e tu non avverti particolari muri che si frappongono tra voi e la vostra capacità di conversare. Va tutto bene, bevete a iosa, non si risparmia una birra in più e nonostante tutto riesci a non vomitarle sulle scarpe, anche se le espressioni, dopo la seconda birra artigianale, cominciano a sembrarti faticosissime ed impegnative.

Propone di mangiare qualcosa. Non sta scappando! Evidentemente la persona X non ha tutta questa voglia di andarsene, e questo è bene. 



Siete lì, che parlate da ore, e l'avete già fatto anche due giorni fa. Parlato per ore, e ancora parlato e camminato insieme, senza la fretta di rintanarsi altrove. Ma mettetevi nei miei panni. Ho passato anni ad evitare la vita sociale vera e propria. Per anni tutto quello che dovevo dedurre del comportamento umano - sì, signori, questi sono i laureati in psicologia che un giorno cureranno le vostre nevrosi - era prima filtrato dallo schermo di un computer. Ogni parola, ogni suono, pensiero, idea, ogni persona diventava bidimensionale. Il suo interesse diventava piatto come le figure che la ragazzina di terza media a cui faccio ripetizioni dovrebbe sapere ma non sa

L'interesse piatto è quello che si può disegnare su una linea retta. Si misura con la frequenza di contatti online, con il numero di faccine o cuoricini o domande preoccupate. E si esprime nello stesso modo.
Il mondo bidimensionale dei social network e quello delle chat, a cui ho dedicato gran parte dei miei ultimi anni, è un mondo facile. Un mondo dove non bisogna fare enormi salti pindarci, grandi interpretazioni, in cui non bisogna guardare l'altra persona negli occhi per capire che cosa stia pensando. E' davvero rilevante cosa sta pensando? Tutto è scritto lì, è leggibile, rileggibile..lo puoi leggere centinaia di volte, finchè le parole "ti voglio bene" non assumono un significato più profondo di quello che effettivamente esprimono. 
Le relazioni online spesso nascono in fretta e sono più intense di quelle faccia a faccia. Nella relazione online scrivere di un sentimento è come provare un sentimento, e mi accorgo solo ora, dopo anni ed anni, di come le due cose si confondano, il loro limite diventi labile abbastanza da farti dimenticare cosa significa esprimere interesse in modo diverso. 




Non voglio assolutamente sminuire l'importanza delle relazioni online, che sono forse una rassicurante gabbietta da cui tendere la mano e lasciarsi accarezzare senza timore di essere portati via dagli eventi. Chi prova amore o rabbia o tristezza per eventi e relazioni nate e cresciute su internet, prova emozioni reali. Tangibili. Le sente davvero addosso, e le condivide come può, esprimendole su uno schermo. Non c'è nulla di male. C'è chi si esprime nella musica, chi nella pittura, chi nel silenzio, chi negli sguardi, chi nella scrittura. 
E' però spesso al pari di un piccolo volatile in gabbia. Malaticcio o timoroso, che non ricorda come si possa volare. Fuori dalla gabbia morirebbe e lo sa, per questo sta bene dove si trova e non ha bisogno del mondo. 
Io sono stata così, e sono stata molto bene. Con il tempo ho capito di aver sprecato anni della mia vita, ma se non avessi "sprecato" quegli anni, avrei ancora la mia ala rotta e non avrei mai potuto fare la cornacchia in giro, svolazzando come i migliori piccioni.




Tutto questo per dire che io e la persona X passiamo una tranquillissima serata insieme e poi ci lasciamo alle quattro del mattino, io rischio di morire per prendere l'autobus correndo sotto la pioggia con i tacchi - caviglia a rischio slogatura ma no, è andato tutto bene - e arrivata a casa non vedo l'ora di dormire. Dio, ci siamo appena dette ciaociao, e mi arriva un messaggio in cui mi chiede se sono arrivata viva a casa. 
Vi giuro, pulciazze mie, ho passato l'intero percorso birreria-casa a convincermi ad alta voce, come i vecchi, che da parte sua non ci fosse alcun interesse. Mi sono detta che persino io non sentivo qualcosa di sentimentale ma solo una sincera curiosità nei suoi confronti. Non scatta niente. Non ci guardiamo nemmeno negli occhi a lungo. I segnali, quelli che con internet non ho mai avuto bisogno di interpretare, suggeriscono chiaramente indifferenza. Ma poi quel messaggio. Dannazione, anni e anni in cui qualunque messaggio di troppo era palese, chiaro e condiviso interesse pseudo-romantico hanno lasciato il loro segno sulla mia pelle.
Come faccio a ricordare davvero che nel mondo tridimensionale in cui viviamo, pensare agli altri non è un'eccezione? Che sentirsi ogni giorno, vedersi spesso, passare ore a parlare senza voler andare via, e messaggiarsi di nuovo, subito dopo, non significa altro che una potenziale bella amicizia in avvio?
Ma ci credo davvero?
E' davvero così?

Questa è la mia eredità nerd. L'incapacità completa di capire che diavolo gli altri stiano pensando.

ARGH.

giovedì 24 aprile 2014

Dare ripetizioni, Pt.1


Siamo ormai a Maggio, e se per me, che mi sono laureata, questo mese è solo il mese del mio compleanno, per altri è il mese del "porcaputtanaèquasifinitol'annoscolastico"..pronunciato con diverse sfumature, in base all'età. 

La sensazione di profondo sgomento aumenta in base al grado di ignoranza del proprio figlio, e l'urgenza "maggiolina" di evitare la sua bocciatura - una vergogna! Lo preferisco ignorante ma diplomato - aumenta in modo direttamente proporzionale. 
Insomma, questo è il periodo migliore per offrire il proprio aiuto di studente universitario a questi genitori bisognosi di qualcuno che insegni al figlio in un mese tutto quello che avrebbero dovuto spiegargli i 9 insegnanti in tre anni [questo periodo senza virgole è stato soffocante, lo so] Niente di che, ecco. 

Metti i tuoi annunci in giro, cospargi il tuo quartiere di foglietti adesivi in cui il tuo numero e la tua mail compaiono almeno dieci volte ed attendi finchè qualcuna di queste anime disperate non s'imbatte per caso in uno di essi. E' un segno. E' chiaramente un segno. Suo figlio rischia la bocciatura e lui sbatte proprio sul palo della luce su cui una certa Tizia ha attaccato il suo annuncio delle ripetizioni. Annuncio che è incollato anche sul marciapiede e che tappezza i muri di tutti i palazzi nei prossimi e precedenti venti isolati, ma dettagli. E' destino. Ho letto l'Alchimista, al cesso, l'altro giorno. E lui direbbe che bisogna seguire i segni.
E qui scatta la chiamata.




Se sei alle prime armi e non ti è mai capitato di dare ripetizioni, la prima cosa che vorrai fare è trovare dei libri delle materie che ti servono ed impararli tutti a memoria. Parola per parola. Lettera per lettera. 
Dovessi fare una pessima figura. Dovesse, il tanto temuto figlioletto, essere un genio incompreso dell'algebra. Dovessi spiegargli il Present Perfect Continuous o il Teorema di Euclide, mannaggiaallui e a chi l'ha inventato.  ..insomma, ti impegni. Passi un fine settimana da incubo, sommerso tra equazioni, espressioni, funzioni, divisioni, moltiplicazioni..un sacco di -oni che cominciano a ricordarti perchè odiavi la matematica a quell'età.
Io queste ripetizioni me le sono anche sognate. Tre volte. Per tutti e tre i giorni di attesa di quelle fatidiche due ore. 

E poi vai lì. Ti siedi al tavolo con la ragazzina. Le chiedi di farti vedere come risolve uno dei problemi che il professore le ha dato per casa. Un problema sui solidi. Dai che lo sai fare. 

Sei lì. Attendi con il fiato sospeso il verdetto finale. 
Sarà un genio oppure no, costei?
"Disegnami un cilindro" le dici. 

...



Riproduzione fatta da me di quello fatto dalla ragazzina
a cui do ripetizioni. Lei lo ha fatto su un foglio a quadretti.

Da questo momento in poi ti rilassi. Le spieghi il problema. Non capisce. Le scrivi la formula. Non capisce. Le spieghi la formula. Non capisce. Non capisci perchè non capisca. Forse anche tu a quell'età eri così svogliata? Chissà. Eppure non ti sembra di..va bene, non importa. 


"Allora, immagina che questo cilindro sia una lattina di CocaCola. Il suo volume è quello che c'è all'interno. Quindi il volume qual'è?" 

"..il lato?"

Sei tentata di spiegarle il concetto di "solido di rotazione" ma qualcosa ti dice che è meglio continuare con la lattina. Quindi taci per qualche istante, giusto quell'attimo che ti serve per trattenere la risata isterica senza farti notare, e indichi il bicchiere d'acqua che hai accanto. Lo vedi il bicchiere? Il bicchiere è un cilindro. L'acqua è il suo volume. Per sapere quanta acqua può contenere il bicchiere, devi moltiplicare l'area della base del bicchiere - e indichi la parte che poggia sul tavolo - per l'altezza del bicchiere. Immagina di doverlo riempire. Lo riempi fino al bordo, no? 

..lei ti guarda con aria assente. 

"Va bene, dai. te la ricordi l'area del cerchio? Come si fa?"

"Ehm..il raggio!" 

Altro lungo istante di silenzio, poi un respiro profondo e decidi di incoraggiarla. Il raggio che? Il raggio cosa? Perchè?

"BRAVA. Con il raggio. Ma non solo! Moltiplichi il raggio per se stesso - raggio alla seconda - per Pi Greco. Ok?" le scrivi la formula.

Ancora il suo sguardo assente.

D'accordo, per la prossima lezione ti annoti mentalmente di cominciare con problemi più semplici, magari con le figure piane. Problemi sul cerchio, appunto. Ma per ora vai avanti.
Ecco, abbiamo tagliato la nostra lattina. L'abbiamo aperta. Ci viene fuori che l'area laterale - cioè la parte rossa della lattina di Cocacola - è un rettangolo. Il tutto accompagnato con accurati disegni di varie forme e colori.
Ed all'ennesimo sguardo assente, certa che dev'esserci un modo per farle capire il concetto, strappi con violenza un foglio dal tuo quaderno e lo arrotoli intorno al disegno di un grosso cerchio che hai fatto su un'altra pagina intera. Le fai vedere che il cerchio corrisponde PROPRIO al lato della pagina. Che è un rettangolo. E quindi? QUINDI? Quindi il lato della parte rossa della lattina a cosa corriponderà? Alla c..? Cir..? Circon..? Circonfer..? 

"L'area di base?"

Okay. 
Momento di crisi. Momento di sconforto. Ma imperterrita, testarda, vai avanti per principio. Vuoi finire questo stupido problema.

BENE. Troviamo l'area laterale del cilindro, calcolando l'area del rettangolo. Quello della lattina. La parte rossa. Eccetera eccetera. Hai un lato. Hai l'altro lato. Sono scritti qui, vedi?
Quindi? Quindiii?
Come si fa l'area del rettangolo?

Il silenzio ti schiaccia, la vedi sforzarsi per pensare, sei quasi certa di aver notato una gocciolina di sudore sulla sua fronte e senti che finalmente è la volta buona. Finalmente quel guizzo di intelligenza, di comprensione, nei suoi occhi, porterà ad un risultato che..

"Base..per due?"

Grazie e arrivederci.

martedì 22 aprile 2014

Da domani, dieta!


Per i primi diciotto anni della nostra misera esistenza, abbiamo avuto ben poche certezze. Le crisi d'identità erano all'ordine del giorno, le ribellioni, i dubbi, le insicurezze..ogni cosa sembrava contribuire a rendere il nostro mondo sempre più instabile - i compiti di matematica hanno dato inizio al tutto, e poi ciao. Insomma, l'adolescenza è una brutta bestia e sono poche le certezze che si hanno a quell'età. Una di esse è quella che, ai tempi, consideravamo una verità assoluta:

"Non vedo l'ora che arrivino le vacanze"


E'chiaro. Ti svegli la mattina alle sette, ti scapicolli per arrivare in orario a scuola e distribuisci mazzette e merende ai secchioni, sperando di elemosinare qualche scopiazzamento dell'ultimo minuto. Poi passi almeno sei ore con venticinque persone tra le quale forse ce ne sono un paio che non odi e professori la cui simpatia è un optional di cui sono in possesso solo quelli delle altre classi. Uscito da scuola vai a fare una delle attività che, se sei fortunato, hai (quasi) scelto da solo, ma a cui sei condannato per il resto della tua vita scolastica, tra cui le più gettonate: pallavolo e calcetto. Calcetto e pallavolo. Pallavolo calcetto e pallavolo. Forse anche calcetto.
Sgobbi giusto quel paio d'ore che servono ai tuoi genitori per recuperare la fede e la motivazione che li spingono a venirti a prendere e non abbandonarti in palestra come un cane in autostrada - domanda ricorrente dei suddetti adulti: "chimmel'haffattofare?" - ed arrivato a casa cerchi le scuse più efficaci per evitare di studiare. Nella migliore delle ipotesi è Venerdì, quindi puoi usufruire di ben UN pomeriggio libero, prima di ricominciare le tue intense attività intellettive che non hai mai scelto di mettere in pratica. Certo, da grande sarai felice della cultura che possiedi, ma da adolescente essa riceverà le stesse proteste del battesimo in una famiglia atea: "ma se vorrò farlo, lo farò da grande, per scelta mia, non vostra". 




Tornando a noi: dopo tutto quanto descritto, tutti i giorni da Settembre a Giugno, ogni occasione per festeggiare è un'occasione miracolosa, che merita le lunghe speranze e preghiere in essa riposte ogni giorno da migliaia di poveri studenti disperati.
Le vacanze, che siano di Natale, Pasqua, estive, non definite eccetera, sono il miracolo più bello che potreste ricevere, fino ai diciotto anni. Non importa se vi danno molti compiti. Non importa dove, come e con chi le passerete. Non importa quanto sgradevoli siano i parenti: le vacanze sono gli idoli di tutte le nuove generazioni - ma anche dei lavoratori, sottolineerei, senza però entrare nello specifico o ci sarebbe da dilungarsi. 

Poi compi diciotto anni. Prendi la maturità. Scopri l'università e se sei fortunato fuggi da casa tua il prima possibile. Allora il mondo improvvisamente viene privato della tua unica, stitica certezza.




Le tanto osannate vacanze, che un tempo avremmo potuto simbolicamente descrivere come un meraviglioso campo di arcobaleni, nuvole rosa, unicorni e animali felici, diventano l'orribile, arida terra di nessuno...dove sarebbe meglio non ci fosse effettivamente "nessuno" e che invece è popolata dalla peggiore delle tribù che potremmo nominare a vent'anni: i parenti.

I parenti, quelli che un tempo ti compravano cinquantacinque uova di Pasqua a testa per compensare la loro assenza nella tua vita di tutti i giorni; quelli che non sapendo cosa regalarti a Natale ti riempivano di soldi e pigiami e mutande e altri soldi; quelli che "ma guarda com'è cresciuto!" e che "tieni, mangia anche la mia parte, a'nonna"; quelli, adesso li vedi con altri occhi.

"Ma non ce l'hai un lavoro?"
NO, zia. Zio. Nonna. Nonno. Cugino di quintordicesimo grado. Non ce l'ho un lavoro. Studio, mi faccio un culo quadro per stare al passo con gli esami, a volte non mi ricordo nemmeno di nutrirmi o dormire o che dovrei anche avere una vita sociale. Non lavoro, no. E te l'ho già detto a Natale. E lo scorso fine settimana. E due ore fa. NO.

"E la fidanzata?" 
..questa domanda suscita l'imbarazzo di molti e il vaffanculo di altrettanti. Non dico che dovresti farti un pacco di cavoli tuoi - ma anche sì - però ad un certo punto se magari mi sento già depresso, brutto, solo come un cane, rinnegato dal mondo e quant'altro, di sicuro non mi aiuti con queste simpatiche domande a cui puoi trovare tranquillamente risposta da solo guardando la mia triste faccia sconsolata, brufolosa ed occhialuta.
A questo proposito, vorrei sottolineare come per quel che mi riguarda ho una nonna assolutamente soddisfatta della mancanza di un uomo nella mia vita: sì, perchè devo studiare, che è più importante. E poi lavorare, che è più importante. Meglio così. Già. Lo dice da quando avevo sedici anni - immaginate la sua soddisfazione quando mi sono lasciata con il mio primo ed ultimo ragazzo - e la vedo così contenta, così compiaciuta della mia condizione di zitella, che non me la sento proprio di dirle che ho convissuto per tre anni con la mia fidanzata. Femmina. 

"Perchè non vai a fare una passeggiata con tuo cugino?"
"Perchè non ti fai un thè?"
"Perchè non mangi qualcosa?"
"Perchè non studi un po'?"
..o in generale "perchè non..???"

Perchè no. Perchè adesso che me lo stai dicendo ho ancora meno voglia di farlo. E se ne avevo voglia ora mi è passata. Perchè non ci vai tu? Perchè non ti ci strozzi, con quel thè? Perchè non ti compri un cane, che così insegni a lui ad accompagnare mio cugino dove cazzarola vuoi? Eddai.




Insomma, i parenti non sono più la migliore delle compagnie. Ed il posto in cui passavi piacevolmente le tue famose vacanze, adesso appare ancor più desolato di prima. Non solo non c'è il wi-fi ed il telefono diventa un inutile soprammobile. Non solo il centro abitato più vicino si trova a trenta chilometri da te ed è un paese di sette case e mezza, che non compare nemmeno nel navigatore. Ma TUTTI i tuoi amici scompaiono misteriosamente in un buco nero, di solito in Calabria, che è la più gettonata per i fuorisede, esattamente come tu per loro diventi un ignoto astro lontanissimo. 
Sei solo. Miseramente solo. Tu e i tuoi gatti, che ovviamente si ricordano della tua esistenza solo quando si tratta di mangiare. Tu e i tuoi genitori che, poverini, si impegnano a renderti tutto più sopportabile, ma entrano inevitabilmente a far parte del tuo buco nero. Tu e Real Time, con le sue Malattie Imbarazzanti e le sue 24h in Prontosoccorso che prima o poi qualcuno dovrà spiegarmi chi se lo guarda. Tutti i giorni. Per dieci giorni. Tu e il tuo grosso, grasso agnello pasquale di qualche chilo, che lieviterà nel tuo stomaco finchè il suo peso specifico non sarà diventato lo stesso del piombo. 

Ecco, è in questo momento di profonda e concentratissima meditazione ascetica, che emerge la tua nuova, unica verità assoluta, che governerà imbattuta sui prossimi trent'anni della tua esistenza.

"Da domani, DIETA"



lunedì 14 aprile 2014

1001 modi per fare un film brutto


I miei genitori hanno avuto la bellissima idea di andare al cinema a vedere un film
Non conoscevo il titolo: mai visto nè sentito, niente trailer, attori abbastanza sconosciuti - a parte Kate Winslet che non rientra nel mio Pantheon, perchè non trovo che sia un'attrice particolarmente brillante. 
Brutto segno. 
Per evitare la responsabilità di scegliere un altro film, che poi al 90% avrei scelto una cagata, date le proposte cinematografiche degli ultimi tempi, ho preferito dare a Divergent il beneficio del dubbio. Non ho voluto leggere la trama nè niente, concedendogli la possibilità di stupirmi. E mi ha stupita, eh! 
Ora vi narro il narrabile. 

Di qui in avanti, SPOILER sul film Divergent. Che poi è talmente banale che lo spoiler ve lo fate anche da soli, durante la visione. Ma ok.




Un'adolescente di sedici anni - un'età originale, che nessuno, mai, usa per i propri personaggi - vive in un mondo che, dopo la guerra, ha creato cinque fazioni per mantenere la pace. Ogni persona deve far parte di una di queste fazioni e la sceglie da sè. Ovviamente costei, Tris, fa parte della fazione degli sfigati, gli Abneganti, detti Rigidi, che sono altruisti e stanno al governo, e quindi vengono odiati dai rivali Eruditi, quelli super intelligenti, che vogliono il potere per sè. 
Detto questo, la presentazione delle fazioni avviene tramite voce narrante di lei, che non fa assolutamente capire quale sarà la casata da lei scelta. Nemmeno quando la fazione più figa, gli Intrepidi, tutti bellissimi, fighissimi, vestiti di nero, gli unici che non sembrino sfigati o scope in culo, ridendo felicemente cominciano a scendere da un treno in corsa, a rallentatore, per poi fare parkour fino al loro arrivo, seguiti dallo sguardo di Tris, con la bavetta mentre li osserva. Non vi dico il pathos nel momento della sua scelta, quando sembra fino all'ultimo che stia decidendo di restare nei Rigidi, e invece - ommioddio, COLPO DI SCENA - sceglie di andare negli Intrepidi. 

Quello che non ti dicono degli Intrepidi, è che sono dei pazzi suicidi ai limiti della sanità mentale, e che se scegli di entrare nella loro fazione, prima di considerarti "dentro" devi superare tutta una serie di prove improbabili,. tra cui prendere e scendere da un treno in corsa - dopo che magari hai passato la vita ad arare i campi, eh - fare salti da un palazzo all'altro, lanciarsi nel vuoto per raggiungere la loro base, se sopravvivi e non ti viene un infarto prima. Fatto sta che, ovviamente, la nostra Tris non solo riesce in tutte queste imprese, ma lo fa con una faccia di bronzo degna di un Riace. Insomma, non so voi ma io prima di buttarmi nel vuoto piangerei l'anima, poi concederei il mio corpo a qualcuno supplicando per un'entrata secondaria eccetera eccetera. Ma no, ovviamente io non sarei andata negli Intrepidi, io sarei andata ad arare i campi. 

Cosa fondamentale, ma tutto sommato non-sense, è che Tris, la nostra protagonista che da sfigata diventerà fighissima come nessuno - nessuno, eh - si aspetta, è anche diversa da tutti gli altri. Lei è SPECIALE. Incredibile, davvero, una svolta della trama che mi ha lasciata shokkata.
E' speciale perchè il test attitudinale non ha riconosciuto in lei un singolo talento - associato alla fazione - bensì tutti i talenti di tutte le cinque fazioni. Wow, è troppo figa, vorrei essere come lei. E quindi niente, è una Divergente, cosa ovviamente vietatissima e pericolosissima, come infatti scopriremo via via: se sei un Divergente, cercheranno di ucciderti per non farti incasinare il sistema. Insomma, in due ore e mezza sono sicura che tutti quanti saremmo preoccupati per il destino di Tris. Che muoia d'improvviso, sorprendendo tutti quanti con una svolta originale? ..ma no, tranquilli. E' chiaro che lei è l'eroina destinata a grandi imprese. 

La bellissima(?) ed espressivissima Tris. Che poi è quella de "La vita segreta
di una teenager americana"..un'attrice un programma, proprio.

..e come tutte le eroine che si rispettino, per la prima mezz'ora di film ho aspettato che comparisse il figone di turno che si meritava. Quale sarà il suo futuro innamorato non lo si capisce assolutamente, quando lui appare e l'inquadratura si impegna per tre quarti d'ora sulla sua faccia, e Tris che lo guarda tutta impettita, e l'intesa nasce subito, non appena si capisce che lei è un personaggio completamente inutile, e lui è scorbutico e antipatico, ma sicuramente gentile, in fondo in fondo. E che alla fine l'aiuterà, restando strabiliato ed innamoratissimo di una ragazza tanto coraggiosa e diversa dalle altre. Eh sì, si amano. Non importa che non sappiano niente l'una dell'altro, che lui sia un cretino e lei sia del tutto stereotipata e scialba. L'amore è più forte di tutto questo. Awwww. 




Il personaggio cattivo, una splendida Kate Winslet che lascia assolutamente indifferenti, è capace di ambiguità degne dei grandi film di spionaggio. Infatti fino alla fine ti chiedi se lei sia davvero cattiva, o sia solo un po' stupida. 

Andando avanti, c'è il faticosissimo addestramento, dove uno degli insegnanti è ovviamente il figo di turno, Four, e l'altro è un cattivone che tratta sempre male la povera Tris. La ragazzetta specialeH rischia sempre di morire, almeno in quattro o cinque occasioni, si intende, ma stranamente non solo sopravvive, ma riesce a fare cose specialissime che gli altri non riescono a fare. Tipo rischiare di spiaccicarsi su un palazzo perchè non ha capito che doveva tirare il freno, ma tirarlo proprio all'ultimo momento, sopravvivendo per una decina di centimetri e neanche uno spappolamento di naso. 

Vi lascio immaginare il seguito. Minaccia per l'intera popolazione, lui e lei che si amano tantissimo e combattono insieme contro i cattivi, perchè loro sono gli unici due Divergenti che quindi non vengono ipnotizzati dalla cattivona, scene struggenti di genitori che muoiono, specie il padre che si sacrifica per il bene del gruppo, quando nessuno ne sentiva assolutamente la necessità, e poi il momento migliore di tutti.

Avete presente quando autori si impegnano tantissimo per creare delle trame coerenti a se stesse? La nascita della fantascienza? Piena di regole e di una fisica non esistente ma plausibile, in un universo che non può fare come cazzo gli pare, perchè altrimenti non avrebbe il minimo senso? Idem per i fantasy? Ecco. Vi insegno un trucco per capire quando una storia non merita di essere ricordata:




Lui viene ipnotizzato dalla cattiva e sotto suo ordine cerca di uccidere Tris, e viene sottolineato come questa cosa sia una reazione CHIMICA, per cui scientificamente provata e conseguentemente necessaria.
Tris che lo chiama e gli dice che lo ama. Poi si punta una pistola alla fronte e lui..magicamente la ferma.
L'ammore trionfa su tutto, quindi nonostante il suo cervello fosse del tutto controllato da una sostanza su cui tutti gli eruditi, che saranno almeno 500 persone, hanno probabilmente sgobbato per anni pur di controllarne gli effetti in modo efficace eccetera, basta che lei faccia la scenetta del "se non ti ricordi di me mi ammazzo" e lui riesce tranquillamente ad avere la meglio su anni di scienza. Tutto regolare. 

E niente. Lei è orfana, ma ha vinto la guerra. Tutto va per il meglio, il film finisce dopo due ore e mezza di originalissimi colpi di scena e tu te ne vai davvero soddisfatto. Soddisfatto che sia finito, sapendo che mai più, MAI, andrai a vedere un film senza prima averne visto il trailer e letto la trama. 

Ci tengo a sottolineare che, visto che li si mette a confronto, Hunger Games è un bel film non perchè ci sia un'attrice giovane, la love story, la trama fantasy - presupposti che sembra che alcuni registi siano convinti bastino a creare un capolavoro. Smettiamola di cercare di scopiazzarlo per fare soldoni.

Mi sento in dovere di segnalarvi questa recensione, che dice tutto quello che è necessario sapere per NON guardare il film e sprecare due ore e mezza della vostra vita, come ho fatto io: Recensione di MyMovies

venerdì 11 aprile 2014

Sbronza con decesso


Vi scrivo dal mondo dei morti.
Questa mattina mi sono svegliata e la morte cerebrale aveva già avuto luogo. 





Vi enarrerò perchè, sempre che la parola enarrare esista. 



Dopo un intenso incontro pomeridiano con la mia ex padrona di casa, la disperazione ha cominciato ad attraversare la mia esistenza spingendomi a lamentare su Twitter questo malessere. Non solo sul Twitter che conoscete voi. Anche sull'altro, giusto per dare maggiore pathos alla cosa. La verità è che speravo che per qualche evento divino qualcuno - no, una persona in particolare - mi chiedesse di passare insieme la serata. Questo per sottolineare quanto io non abbia assolutamente alcuna tendenza alla manipolazione delle menti.

Fatto sta che, mentre progettavo una triste notte in solitudine, con la lattina di birra e il pc - tutto regolare - la chat porta il lieto evento ed io divento inaspettatamente ma felicemente parte della serata di alcune delle mie amicizie più strette.

A questo punto vi lascio immaginare come procede la prima parte della serata: io e sconosciuti a mangiare in silenzio una cena preparata da loro, completamente sobri e completamente in imbarazzo, almeno per quel che mi riguarda. Da qui è nata l'esigenza di fornire al pakistano sotto casa abbastanza soldi per chiudere bottega e scappare all'estero - che letta con consapevolezza culturale è una cosa un po' triste, ma ok. Siate clementi. Abbiamo insomma comprato un buon numero di Tennent's, che ha ravvivato la serata e mi ha ricordato, come sempre, che anche io sono un animale senziente ed in grado di fare conversazione. Pensate che l'alcol mi ricorda anche qualità come la simpatia e lo sticazzi, cosa che mi rende una potenziale alcolista anonima per una buona causa. Ma voglio essere ottimista. Prima o poi non avrò bisogno nemmeno di bere.





Quando a fine serata se ne sono andate la maggior parte delle persone, siamo rimaste in quattro ed è stato il momento migliore per ringraziare tutte di avermi pensata, per quell'uscita. Ecco, è stato in quel frangente che sono scoppiata in lacrime, uccidendo senza remore la mia dignità - a cui comunque ha seguito, come vi dicevo, anche la morte cerebrale, per cui non è stato un lutto particolarmente sentito. Lacrime a parte, il gruppo, decimatosi, si è ristretto a me e la fantomatica ragazza che non mi si filerà mai nella vita.

Non fosse stato per le tre Tennent's che tutt'ora credo navighino nel mio stomaco, nonostante sia andata al bagno almeno cinque volte - non esagero, ho un problema d'incontinenza molto grave, se si parla di birra - probabilmente mi sarei goduta di più questi ultimi momenti. O magari no, visto che è grazie a loro - le birre, sì , ma pure certi catafalchi neri che scorrazzavano vicino ai bidoni della mondezza con le loro orribili antennine - che non ci sono stati imbarazzanti silenzi e che abbiamo condiviso una bottiglia. I lettori di Twilight direbbero "è un bacio indiretto", ma vi assicuro che non ci ho sbavato sopra fino a questo punto. 
Nella mia testa partivano già i film Disney e mentre il canonico bacio scattava nel mio immaginario, con tanto di romanticissima limonata alla Aladdin (avete mai notato che quando bacia Jasmine si vede la forma della lingua sulla guancia?) nella realtà non accadeva assolutamente nulla. Non vi sto a spiegare i perchè e i percome, vi basterà leggere l'articolo precedente e tutto sarà più chiaro.



Lo vedete? Dai, se guardate la scena su youtube si vede anche meglio!
..si lo so, mi faccio i film mentali, ok.

Una volta giunto il momento di tornare a casa, ho dovuto contare i passi che facevo, per concentrarmi su qualcosa che non fosse la rischiosissima nausea che prometteva davvero poco di buono. Dopo oltre 1500 passi, sono arrivata a casa e sono deceduta sul letto, che è dove mi trovo tutt'ora. 

E questo è quanto.
Adesso vado a seppellire i miei resti sotto altre speranze illusorie di felicità improbabili, ciao pulciazze!

giovedì 10 aprile 2014

Non abbiamo bisogno di superpoteri


L'infanzia e l'adolescenza sono due cose che da adulto ricordi sempre con affetto, o così dicono. E che vuoi o non vuoi ti hanno lasciato un'eredità ingente, i cosiddetti "bug" della tua vita. I "bug", che in gergo informatico sono degli errori in un programma, sono quei modi di fare assolutamente anti-evolutivi che, pur riconosciuti, continuiamo ad avere nonostante li usassimo senza successo alle medie o al liceo.


- I superpoteri Disney

Ricordiamo tutti di aver avuto, ormai decenni fa, una cotta pazzesca per qualcuno che non conoscevamo neppure. Nella nostra mente ingenua, questa persona veniva divinizzata al punto da assumere tutta una sua personalità che ovviamente non aveva il minimo riscontro concreto con quella reale. Tizio diventava il primo pensiero appena sveglia, l'ultimo prima di andare a dormire, ed anche il pensiero del pranzo e della cena, della merenda, della colazione, di ogni inizio e fine ora di scuola, di ricreazione, di ogni secondo. Essendo, dunque, onnipresente - per quanto assente - nella nostra vita, è per merito di questa persona che abbiamo sperato di essere in possesso di un superpotere: far innamorare qualcuno con lo sguardo.
Memori di un lungo passato di film Disney, che per quanto sessisti - o così dicono - difendiamo a spada tratta anche adesso, a distanza di anni ed anni, ci siamo convinti che se l'amore deve sbocciare, sboccerà a prescindere. Il che si traduceva, a quei tempi, con la convinzione assolutistica per cui, fissando qualcuno il più a lungo possibile e seguendolo nel modo più stalker che si possa immaginare, questi si sarebbe perdutamente innamorato di noi, dichiarandoci il suo amore nei momenti più improbabili.





Ricordo con orrore una visita al planetario. Spenta la luce immaginai che questa povera vittima delle mie ossessioni, allora dodicenne come me, assumesse la personalità di Richard Gere nei peggiori film romantici, si alzasse e mi baciasse sulla bocca - aspirazione massima per l'epoca, sempre grazie ai film della Disney. Ovviamente ora le massime aspirazioni saranno cambiate ma, se così fosse, non voglio sapere, grazie.
Non accadde nulla di simile, nè sarebbe mai potuto accadere, dal momento che non ci eravamo mai scambiati una sola parola.
La verità è che prima della Principessa e il Ranocchio, che ho guardato solo qualche giorno fa, ho sempre aspettato che fosse il principe ad occuparsi della trama della mia vita, e così, negli anni adolescenziali che ho trascorso con questa convinzione, ho scoperto che il mio vero superpotere era un altro: l'invisibilità.







- Il gruppo dei diversi

Se c'è una cosa che l'adolescenza e l'infanzia influenzano in molto più che i primi quindici anni della tua vita, è decisamente l'autostima, specie se con connotazione negativa. Se state leggendo questo blog, abituatevi a leggere di disastri sociali, perchè la mia vita finora ne è stata costellata, per cui non sarà una sorpresa sapere che anche io, come molti di noi, facevo parte dell'ormai riconosciuto gruppo degli sfigati

Se i primi anni di elementari mi hanno vista protagonista di violente lotte per i diritti della donna - in particolare il diritto di giocare a calcetto con i maschi, diritto che per merito mio abbiamo ottenuto - il cambio scuola e la cosiddetta "graduation" mi hanno costretta a mettere da parte il mio caratterino in funzione della sopravvivenza scolastica. Già, perchè alle medie quello che conta di più è essere simile agli altri, e nessuno, almeno dalle mie parti, ha mai apprezzato la ragazza maschiaccia che vestiva in tuta e non portava nemmeno il reggiseno. E' una brutta, brutta età. Fatto sta che l'unico modo per esprimere te stessa è diventare in qualche modo fiera della tua diversità, e per farlo c'è un grosso sacrificio da compiere, ovvero la rinuncia agli alti status sociali.
Una volta accettata la propria partecipazione al gruppo degli sfigati, si cominciano ad individuare i vari ruoli nello stesso. Nel mio caso sono sempre stata la "leader", nonchè crocerossina e difensore degli indifesi, ma sono disponibili anche i ruoli di "timido incurabile", ovvero quel soggetto che non dice una sola parola in classe ed avrebbe bisogno di un terapeuta o una nuova famiglia, "entusiasta fallimentare", ovvero colui che pensa di essere ben accolto anche nei gruppi di ceto superiore e diventa il centro di diversi pettegolezzi maligni, il "secchione" - ok, sì, ero anche quello - , il "temporaneo", cioè quel traditore che, approfittando del suo aspetto meno raccapricciante degli altri, si aprirà al mondo in seconda o terza media e fuggirà a gambe levate dal gruppo, non appena ne avrà la possibilità. 

La partecipazione al gruppo degli sfigati è un must di gran parte delle persone problematiche attuali, e ne segna la crescita per sempre. Essere 'sfigati' non significa solo non essere particolarmente piacenti - cosa che, a quell'età, non è neppure strana - bensì non essere in grado di integrarsi con la massa. Da qui, qualunque possibile simpatia possano provare gli altri verso di te, non verrà mai manifestata: per quanto tu, sfigato, possa essere un ottimo partito come amicizia o relazione, non vali il sacrificio del proprio status sociale, motivo per cui sei destinato ad accoppiarti e convivere solo con quelli della tua "specie".





Questa, sottolineerei, è tutta gente che al liceo proverà ribrezzo per "gli uguali" e sarà fiera di essere l'"alternativa". Lì alcune cose cambieranno, i gruppi saranno meno limitanti e dell'autostima bassa resteranno solo le ombre. Ciò nonostante, qualunque nuovo contesto lavorativo o gruppale, riproporrà dalle medie in poi la solita situazione per cui ci si sente a proprio agio solo con persone più alla mano, avvertendo una certa incapacità di interagire con chi riteniamo sia superiore a noi in bellezza e capacità. I belli e gli uguali saranno per lungo tempo inarrivabili. I fortunati e i simpaticissimi altrettanto. E tutto questo non perchè vi sia un effettiva distanza tra voi, ma perchè questa distanza l'abbiamo disegnata in anni ed anni di calci in culo. Anni ed anni di invisibilità, in cui il nostro piccolo dio dodicenne non si è mai nemmeno degnato di guardarti al planetario o anche solo di prendere in considerazione la tua esistenza. 

La distanza non è mai esistita. Non è nella nostra natura. E' un concetto che hanno creato per noi e ci hanno indotto a credere che ci appartenesse, convincendoci di essere dei perdenti. 
Ma siamo davvero perdenti? Forse per una volta prima di scommettere di sì, vale la pena di entrare in gara.



Aggiungo solo una cosa.
Questo blog nasce da un'importante presa di consapevolezza in merito al discorso in questione. Non ho più paura di mostrare che anche io sono in grado di scrivere qualcosa che valga la pena di essere letto da un pubblico di sconosciuti. 
Insomma, meno cagotto:   volere è poter tentare




mercoledì 9 aprile 2014

Momenti di gravosa asocialità


Non è che voglia fare l'asociale. E' che a questo punto certe cose è necessario chiarirle.


Mi scrivi su Facebook, la chat inevitabilmente si illumina con quel numerino rosso fastidiosissimo. 
Non visualizzo.
Passano tre giorni e NON visualizzo. 
Però pubblico post, rispondo, commento, mi faccio i cazzi miei. 
Insomma, sono viva, solo che non sto filando di striscio il tuo messaggio. 
Il quarto giorno, mi scrivi di nuovo, e ok. 
Non visualizzo per un'altra settimana.
Dopo dieci giorni mi mandi un sms, a cui rispondo dopo molte ore, quando la mia coscienza mi suggerisce che le scuse del "non ho soldi" e del "non mi è arrivato" non funzionano più, nel 2014.
Mi chiedi di uscire e ti do buca una volta. 
"No, guarda, ho davvero un sacco di cose da fare sta settimana"
Mi chiedi di nuovo di uscire, magari la settimana prossima. 
"Mh, va bene dai, ti faccio sapere" e non ti faccio sapere.


Di cosa porco cane hai bisogno, per capire che NON HO VOGLIA di cagarti? E scusate la finezza.
Qual'è il tuo problema?


Qui urge sottolineare una grande verità. 


Se non visualizzo, non è perchè non funziona la chat.
          E' perchè ti sto ignorando.



martedì 8 aprile 2014

Ti va di rimanere amici? No.


Alla fine di una relazione è faticoso rimettere a posto i pezzi, un po' come un Tetris in cui ti arrivano sempre pezzi a forma di Z e non capisci, proprio non capisci in che posto dovresti metterli, quegli aborti. Ecco, i pensieri dopo una relazione terminata sono spesso inconcludenti, irrealistici e difficili da gestire, spesso anti-sopravvivenza.



1. Rimaniamo amici

La prima fase è quella. A meno di non lasciarsi con lanci di scarpe, stoviglie ed altri oggetti contundenti, c'è sempre un momento in cui dare un taglio netto alla relazione in questione fa lo stesso effetto del vedersi amputare un arto. Cavoli, quella persona sta con te da anni e anni. Ti ha visto la mattina appena sveglio, ha avvertito il piacere della fiatella notturna, conosce quanta voglia hai di prenderti cura di te e della casa, e nonostante tu sia uno yeti che non ha mai voglia di farsi la barba/ceretta e che si lava le ascelle una volta a settimana, nonostante i tuoi piedi appena usciti dalle scarpe abbiano il profumo del miglior Taleggio invecchiato, nonostante in casa ci siano buoi muschiati in ogni angolo dove non hai mai spolverato negli ultimi decenni..nonostante tutto questa persona ti ama o ti ha amato. Ti conosce così bene che l'idea di separarsi ti fa sentire terribilmente solo, di una solitudine che sono anni che non provi. Non ci sei più abituato, e questo ti porta ad autoconvincerti di voler davvero instaurare un'amicizia con lui/lei. 

Inutile dire che, stando alle statistiche da me raccolte in un brevissimo questionario molto professionale - ovvero, l'ho chiesto ad un paio di persone - nella maggior parte dei casi prima dei nove mesi questo traguardo che le buone intenzioni hanno costruito è assolutamente irrealistico.
Dopo le prime settimane, in cui ci si sente più assiduamente di prima, cominciano i primi risentimenti, l'odio che la mente di uno dei due elabora verso l'altro, e che dà inizio al sentimento reciproco non appena ce n'è l'occasione.




D'improvviso la persona che un tempo si amava, è diventata una stronza, immatura, inetta, stupida, egoista [eccetera eccetera]..e questa è una caratteristica essenziale delle separazioni: l'illusione assolutamente credibile che l'altro sia diventato peggiore di un mostro delle paludi, e la conseguente incredulità nel non essersi accorti per anni che fosse quel tipo di persona. Un po' strano, eh. Ancora più strano se si pensa che anche l'altro comincia a dipingere una tua immagine troppo somigliante ad un'icona demoniaca.

2. Quelli sono i MIEI amici

La seconda fase, quando l'odio si sta già avviando su sentieri mai battuti molto simili al bivio della Bella e la Bestia, è quella della rivendicazione dei propri amici. Insomma, uscite con le stesse persone da dieci anni, ma quelle persone te le ha presentate quello che ormai è il tuo/la tua ex, ed ora che uscire insieme è diventato più spiacevole di un concerto di Celine Dion, questi non può che cogliere l'occasione per pisciare sul presunto "suo" territorio ricordando a tutti questo dettaglio come se fosse assolutamente fondamentale. Qualcuno otterrà gli amici in trofeo, ma prima dovrà esserci una sanguinosa guerra, in cui alla fine, se tutto andrà bene, uno dei due si auto-eliminerà e deciderà di rinunciare alle uscite di gruppo per il bene della propria psiche. 

3. Se stai uscendo con un'altra/un altro dimmelo

Questa fase è un Jolly, può manifestarsi prima o dopo i grandi scontri, in base alle persone, ma prima o poi arriva sempre il momento in cui uno dei due sente il bisogno di estendere le sue manie di controllo sull'altro, facendo questa richiesta completamente priva di senso. Già, perchè supponiamo che l'altro ti prenda alla lettera. Un giorno il telefono suona, tu rispondi e lui, tutto allegro, ti fa "oh, senti un po'! Sto uscendo con Tizia, ok?" ..lì, o ci scappa il 'vaffanculo' o ci scappa l'omicidio. La verità è che facendo questa richiesta nel momento stesso in cui viene pronunciata stiamo esercitando diversi metodi per controllare l'altro. Innanzitutto la sua espressione in risposta alla frase è fondamentale per capire se ci si deve già incazzare o meno - nel qual caso, significherebbe aver girato con un bellissimo palco di corna degno delle visioni di Will, in Hannibal, per un sacco di tempo e senza saperlo. Secondo poi, la minaccia implicita si avverte sensibilmente nel tono con cui la frase viene pronunciata. In realtà "se stai uscendo con un'altra dimmelo" è un implicito "se stai uscendo con un altra vi scuoio, cucio le pelli e ve le faccio indossare come giacca prima di trucidarvi con una mannaia". 





4. Adesso voglio divertirmi

Dopo una relazione durata millenni, in cui tutti i tuoi amici si erano convinti non solo che vi sareste felicemente sposati, ma anche che foste la stessa persona, o che la vostra fosse la reinterpretazione di qualcuna delle fiabe Disney, è quasi scontato che ci si senta un po' arrugginiti nella complicata arte del rimorchio. L'idea è quella di riscoprire tutto quello che ci si è persi in questi anni di monogamia e la fantasia ti porta lontano: seratone in discoteca, slinguate a sconosciuti, vita sociale alle stelle ed improvviso sex-appeal che provoca agli uomini la stessa reazione che tu hai davanti ad un Tiramisù. Ma si tratta solo di fantasie. La verità è che dopo tutti questi anni, non solo non sei più capace di flirtare in modo decente, di provarci anche un po' spudoratamente o di regalarti agli sconosciuti nei locali, ma hai anche un insano terrore di farlo. Avevi trovato qualcuno a cui non importava il numero di peli che avevi sull'addome, nè quante forme di cannoli avessi sulla pancia, nè la quantità di nei sulla schiena o l'odore muschiato di certe parti del corpo dopo una giornata di lavoro..ed ora improvvisamente ognuno dei tuoi difetti sembra un ostacolo insormontabile. Persino i peli del naso diventano oggetto di auto-critica. 
Il peggio viene quando, sforzatoti di superare imbarazzi e pippe mentali, o almeno di non fartele prima del tempo, ti rendi conto che non solo non ti viene da flirtare, ma non ne hai nemmeno voglia. A quanto pare, anche se non l'ami più, anche se vi siete lasciati, anche se "vorresti divertirti", immaginarti insieme a qualcun altro, anche per gioco, ti lascia del tutto indifferente, se non addirittura infastidito. Ma che succede? Ti senti quasi vedovo o castrato. Dov'è finita la libido? ..ecco, probabilmente è rimasta nella casa che condividevate, insieme ai soprammobili orrendi che vi hanno regalato col tempo i parenti e che nessuno dei due vuole portarsi dietro.


Che dire? La vita da single deve ancora ingranare, ma poteva andare peggio. potevate essere sposati.


sabato 5 aprile 2014

Perchè fare testamento prima delle pulizie annuali


E' giunta l'ora di pulire la casa. Per capire la gravità della giornata di pulizie che ti aspetta, basta pensare al fatto che, sapendo che te ne dovevi andare, già tre mesi prima del trasloco hai smesso di pulire finestre e pavimenti "perchè tanto tra poco mi trasferisco". La tua casa, quindi, si è via via trasformata in uno dei boschi muschiati della Louisiana, ma lo ha fatto in modo così lento che tu puoi solo immaginare l'entità del danno. Già, perchè secondo te gli infissi sono sempre stati grigi, ovviamente. Non erano mica bianchi, quando sei arrivato. Vero?




Arrivi alla casa con la voglia di fare di un bradipo in letargo, ma ormai sei lì e ti fa quasi schifo sederti sulla sedia, che per qualche motivo è dello stesso colore degli infissi - ma forse ricordi male, perchè eri convinta fosse bianca, un tempo. Dunque cominci a pulire quella, per avere un posto in cui riposare dopo ogni metroquadro di muffa eliminato. Oh. Ma guarda, forse tutto sommato la sedia non era grigia. Toh.

Passi ai ripiani del mobile Ikea - indovinate di che colore era, e di che colore è al momento della pulizia - e togli giusto il grosso..quella mezza tonnellata di polvere che in tre anni avrai fatto due volte, sempre in corrispondenza con l'arrivo della padrona. Era carino anche grigio, d'altronde, quel mobile. Si intonava bene al resto. Nel frattempo il tavolo della camera è diventato un ricettacolo di malattie contagiose, ed ospita, tra i vari virus mortali, un po' tutto quello che è rimasto in casa. Perchè naturalmente ti sei fatto dodici giorni di trasloco, ma per qualche motivo la casa sembra ancora piena di roba, tanto che pensi sulla possibilità che sia passato il Messia, tra uno scatolone e l'altro, a moltiplicare pani, pesci e già che c'era anche i tuoi soprammobili. Fatto sta che la montagna di cose cresce, le ore passano ma tu, che comunque non ti sei fermato un attimo - pur avendo pulito la sedia tatticamente - non noti nessun cambiamento: il colore complessivo della stanza è ancora tendente al colore del pelo del tuo topo domestico, tra il grigio polverediqualchemese e il marroncino-nonhaipulitolecacchedelcriceto.


La pubblicità dello Swiffer diventa improvvisamente verosimile

Dopo un'altra ora, sei passato al bagno, sperando che dia frutti migliori. Pantaloni alla Sampei, ma senza cappello in testa, piedi nudi, da esperto pescatore, ti immergi nella doccia per eliminare il colore rosato da muri e piastrelle, chiedendoti se sia davvero necessario. La muffa rosa è carina e ravviva un po' l'ambiente. Ma forse la padrona di casa non la penserebbe così. E' una donna senza un minimo di buongusto!
Gratta, gratta, gratta, finalmente se ne va il 30% della roba nera che è rimasta negli angoli, mentre il restante 70% ti guarda con un trollface soddisfatto, da sotto il silicone da cui - ormai lo sai - non potrai mai più tirarla fuori.




Arrivi allo stanzino nel bagno, quello che contiene un secondo lavandino utilizzabile per lavare i panni a mano, in cui sarai entrato sì e no due volte, in tre anni di permanenza, e ti rendi conto che probabilmente necessiti di un'urgente disinfestazione. Osservi le ragnatele rampicanti, immagini i loro simpatici inquilini - chiedendoti se per caso non ti sia teletrasportato in Australia - e prendi una decisione quasi immediata: diventare ambientalista e lasciare in vita quei poveri ragnetti delle dimensioni di un palmo o due. Chiudi la porta rapidissimo, la sigilli e, nel dubbio, ci metti anche il nastro adesivo giallo, quello che la polizia usa sulle scene del crimine. Così, giusto per essere sicuro che a nessuno venga la bella idea di disturbare quelle dolci creature di Dio.
Nel frattempo, per scartavetrare un po' dello schifo rimasto negli altri sanitari, ci hai messo giù il disinfettante che si usa per pulire i cessi. Quello che dovrebbe agire anche sui lasciti biologici di mucche e cavalli - utile quando tua nonna calabrese decide che oggi si mangia piccante, ovvero sempre. Insomma, se i sanitari hai tentato di pulirli così, magari senza guanti e magari strofinando con la spugnetta, il risultato dovrebbe essere evidente: un paio di sleppe rosse color aragosta dovrebbero aver preso il posto delle tue mani.




Torni al tavolo, ti arrendi e lo liberi dalla roba per pulirlo, spruzzi lo sgrassatore e ti sorge il dubbio - quando ormai è troppo tardi: ma si potrà usare sul legno? Ovviamente no. Spalanchi gli occhi, un brivido di gelo ti assale e nell'immediato scatti verso il bagno, roba che Bolt ti fa una pippa, con l'idea di bagnare d'acqua la spugnetta per rimediare il prima possibile al danno. E nel compiere l'impresa, il fatto che tu abbia lasciato il mocho in posizione diagonale sull'ingresso non ti suggerisce proprio niente. Grazie neuroni! Questo è il motivo per cui per una frazione di secondo ti tornano alla mente anni di pattinaggio sul ghiaccio e poi..il nulla.
Quando riapri gli occhi, sei a terra. Il pavimento del bagno è di nuovo sporco, il tuo braccio ha sbattuto sul marmo, fa un male non verbalizzabile e se non si è spezzato in due è solo perchè la vita ha in serbo per te patimenti peggiori, mentre il tavolo di legno è più snello, consumato dallo sgrassatore.

E' ora di cena, tu sei quasi morto, la casa è quasi tornata bianca e ci sono diciotto sacchi della spazzatura davanti alla porta. Ti aspettano giusto cinque piani a piedi, su e giù, per tre o quattro volte. Poi ci penseranno le pompe funebri.

Scherzi a parte, il giorno dopo ti assale un dolore al braccio destro, che ha strofinato per cinque ore chili e chili di muffe.
E qualcuno avrà pure il coraggio di dirti che se ti fa male il braccio ieri devi esserti divertito parecchio.
Sorridi. Annuisci. E poi invitalo a varcare quel nastro giallo dello sgabuzzino del bagno. Si divertirà anche lui, con i suoi nuovi amici.

giovedì 3 aprile 2014

Quando la scarpa da ginnastica ti tradisce


Ci sono dei momenti, nella vita, in cui è necessario mettere da parte la propria personalità e mettere davanti il proprio ruolo, insieme alla forma che abbiamo assunto all'interno della società. Sono le occasioni formali: matrimoni, comunioni, cresime, lauree, proclamazioni di vario genere, colloqui di lavoro e quant'altro.
Sono le stesse occasioni che risvegliano una consapevolezza essenziale: le tue stupende, amatissime, comodissime scarpe da ginnastica questa volta non saranno d'aiuto, nè lo sarà la tua morbida, calda felpona comprata a Porta Portese, o i fidati e sempre adeguati blue jeans.

Non so voi, ma per me è sempre così. Non importa quanti vestiti e scarpe eleganti o formali abbia comprato per occasioni precedenti: l'occasione successiva presupporrà sempre che debba comprare qualcos'altro. C'è sempre un motivo per cui la roba già comprata, infatti, non va più bene. Vi sfido a dimostrare il contrario.

Dunque quando arriva quel tale momento, una delle certezze è che spenderai in vestiti più di quanto avresti speso per comprare il cibo degli altri novantacinque invitati. 
Un'altra delle certezze è che, se sei donna, dovrai sottoporti ad almeno due delle torture classiche: ceretta da capo a piedi e scarpe scomode, la prima delle quali, se è inverno e sei single, sarà sicuramente una spiacevole incombenza.


Mi sono fatta una foto alle gambe, per rendere l'idea

Nel mio caso specifico, le occasioni formali sono una fortissima fonte di stress, persino quando - giustamente - alla gente della mia presenza frega meno di zero - leggasi: al matrimonio di qualcun altro, ad esempio. Devo essere presentabile. No, non presentabile. Perfetta. Del tipo che se non levo con la pinzetta quel peletto sotto il mento, passerò un'orribile giornata di umiliazioni, sotto gli occhi giudicanti di perfetti sconosciuti che, con la loro super-vista da falco, individueranno il fantomatico pelo e rideranno di me quando sarò girata di spalle. Campioni di "Un, Due, Tre, Stella", costoro.

Quando ormai sono lì, come è accaduto oggi per la proclamazione del mio dottorato - suona molto più figo di quello che in realtà è, specie data la nota serietà della mia università - ci sono poche certezze, ed una di quelle è che emulerò Jennifer Lawrence nella sua performance agli Oscar. Ma senza vincere niente.




La cosa migliore di queste occasioni è il cibo, ma ovviamente nessun cibo è previsto alle proclamazioni, per cui mi sono concessa uno spritz. Alle dieci del mattino, ma bisogna considerare che ero sveglia dalle sei, e se di solito mi sveglio alle 12 ed è normale bere lo spritz quattro ore dopo, ovvero alle 16..insomma, tutto torna. 
Quanto alle foto..sono venute decenti. 
Sembro un toporagno con la scabbia quasi in tutte, ma se non altro un bel toporagno. 
Un classico anche questo.